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Anton Ponce de Leon Paiva I. A. Uma Il maestro al Lago Sacro · 7 Anton Ponce de Leon Paiva PROLOGO...

Date post: 27-May-2020
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Il maestro al Lago Sacro Mu, la Pachamama dell’umanità Verdechiaro Edizioni Anton Ponce de Leon Paiva I. A. Uma
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Il maestro al Lago SacroMu, la Pachamama dell’umanità

VerdechiaroEdizioni

Anton Ponce de Leon PaivaI. A. Uma

Il maestro al Lago SacroMu, la Pachamama dell’umanità

Anton Ponce de Leon PaivaI.A. Uma

© 2002 Anton Ponce de Leon Paivatitolo originale “El anciano lu el Lago Sagrado”

© 2004 Verdechiaro Edizioni via Montecchio, 23/242031 Baiso (Reggio Emilia)

ISBN 978-88-88285-86-3

traduzioneDaniela Zucchi e Ari Wayramanfoto di copertinaDaniela Zucchi

Parte dei proventi della vendita di questo libro

vengono devoluti alla comunità di Samana Wasi

Dedicato ai miei maestri kechuas e a tutti gli studiosi della cosmovisione andina

che lottano per il recupero della nostra identitànascosta nella tradizione che fa la storia dei nostri popoli.

Il Maestro Amaru parlava ad Anton Ponce de Leon in un linguaggio molto semplice e senza quella terminologia alla quale siamo abituati. Per restare fedele alle parole del Maestro e per facilitare la comprensione, l’autore ha riportato tra parentesi i pensieri che si formavano in quel momento nella sua mente, che servono a chiarire, in un linguaggio a noi più conosciuto, le idee e i concetti espressi dal Maestro.

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Anton Ponce de Leon Paiva

PROLOGO

C’è qualcosa che abita il nostro corpo (INTI, direbbero i nostri antenati kechuas) che ci spinge a scrivere, a testimoniare, a non dimenticare mai l’idea alla quale ci avvicinammo già molti anni fa, affettuosamente e con rispetto, dandole vita, vigore, attualità. Si precipita al nostro interno e affiora nella parola scritta. È il passato che arriva al presente recuperando valori, per costruire il futuro. Non è l’oscillazione tra il passato e il futuro: è godere il presente dando qualità alla Vita.

Le nostre esitazioni scompaiono, la ricerca riprende i suoi passi, immersa nuovamente nella dimensione del passato. Tracce non conosciute o dimenticate nel tempo, che a volte confondono... Segnali di un passato remoto, magico e poderoso, che alimentò permanentemente la pace e l’armonia di un popolo che conobbe la felicità.

Quando percorriamo con la nostra immaginazione quel momento, inevitabilmente sentiamo nostalgia... Tuttavia, dobbiamo ritornare al presente, considerando che il passato è... soltanto diverso... Ci è stata data la possibilità di tuffarci nel suo seno. Ci è stato dato l’immeritato onore di accedere a determinati luoghi... perché?... La responsabilità è molto grande, troppo grande per noi, però la assumiamo con umiltà e fermezza. Per questo chiediamo ai nostri lettori che quest’opera non vada a far parte di una collezione impolverata nella loro biblioteca, insieme ad altri romanzi, dopo averla letta in due giorni... È stata scritta per incontrare di nuovo

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le nostre radici, come esseri che costituiscono una sola famiglia umana sulla Terra, pur sentendoci soli... Non è un ritorno indietro. Le nostre radici devono alimentare l’OGGI con forza, con quel fuoco che non ammette tiepidità, con l’equilibrio che è la giusta misura, lottando contro il disimpegno, ravvivando la memoria, essendo e facendo. La dimenticanza, in questo caso, deve essere allontanata dal nostro cuore.

Come i nostri libri precedenti, anche questo è di re-incontro, viaggiando tra il passato, il presente e viceversa.

Si, abbiamo vissuto un sogno!... Tuttavia, l’anziano maestro c’era... e mentre parlava il tempo sparì... o fu poco... o forse fu un altro tempo... Sono i suoi insegnamenti che importano.

Non giudicate con il rigore della ragione...

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1. L’INCONTRO

Iniziava, per me, il settimo giorno al Lago Sacro, il lago na-vigabile più alto del mondo, a 3.852 metri sul livello del mare, tra Perù e Bolivia.

Mi alzai molto presto, mi ero svegliato con angoscia, inquietudine, e mi domandavo perché... Non c’era o non esisteva causa apparente, stavo lavorando con allegria e molta pace alla conclusione del mio libro “Amaru”; inoltre, mi sentivo molto connesso con questa bella tradizione. Tuttavia, l’ansia inspiegabilmente si stava impadronendo di me, così decisi di uscire dall’hotel, con il sole che sorgeva dietro le splendide montagne innevate annunciando il chiarore del nuovo giorno, la rinascita della vita, l’inizio delle attività.

Questo lago, profondamente misterioso, porta il nome di Titicaca, che viene da Tete Qaqa, ossia Puma di Pietra... Sono trascorsi migliaia di anni e oggi, finalmente, grazie agli sviluppi della scienza, è confermato dalle fotografie satellitari che effetti-vamente ha la forma di puma!...

L’Hotel Libertador dell’isola Esteves a Puno, sulla riva del Lago Sacro, mi accolse con molta simpatia, fui ricevuto molto bene, con cura e attenzione. È molto bello, comodo e tranquillo, perciò non avevo motivo di sentirmi infastidito, comunque la mia decisione era presa: uscire nonostante il freddo mattutino (era inverno, per di più) per dirigermi al molo dell’hotel, salutando le signore che vendevano oggetti di artigianato lì nei pressi e con le quali conversavo quotidianamente.

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Quasi restai senza fiato!... Il cuore accelerò, batteva violentemente, suonava come un bombo... Non poteva essere!... Mentre scendevo le scale di pietra che conducono al molo, vidi con molta chiarezza l’immagine di un uomo alto, con un poncho color marrone che portava come decorazione laterale una fascia verde, indossava un berretto di lana, aveva i capelli bianchi, forse?... Era kechua naturalmente, però... No, mi stavo sbagliando!... Forse non avevo dormito bene... Era il mio subcosciente che mi faceva vedere quello che immaginavo, e che volevo, oltretutto, vedere... Però, mano a mano che mi avvicinavo a lui, che era di spalle a me, guardando il lago... l’emozione aumen-tava, le lacrime non mi permettevano più di vedere con nitidezza... Accelerai il passo... i miei dubbi non importavano e... lui si voltò!...

– Tranquillizzati!... – mi disse amorevolmente, aprendo le sue braccia verso di me...

Corsi e lo abbracciai con tutte le mie forze e l’amore che sentivo per lui, senza che potessi pronunciare una sola parola... Piangevo dall’emozione... Non mi aspettavo questo regalo dalla Vita!... Compresi finalmente il motivo della mia ansia. Che bel regalo! Era il maestro Amaru Cusiyupanqui*! Erano trascorsi più di vent’anni dalla sua visita a Samana Wasi. I miei vivevano ancora con noi in quel momento importante.

Però come sapeva che io ero al Lago Sacro?... Bene... che do-manda! O era un incontro casuale? Dalla sua altezza mi guardava con occhi profondi e amorevoli. Finalmente disse:

– Continui con i tuoi dubbi. Te lo dissi già tempo fa, il dubbio va bene, ti avvicinerà alla verità. Però ti dissi anche che nessun estremo è buono, gli estremi fanno danno, non devi dubitare di tutto e all’estremo. Converseremo questa notte, devo tornare al villaggio (il villaggio “A”). Mi aspetterai nella tua stanza alle otto di sera e adesso rientra, devi continuare a scrivere.

* Vedi il libro Amaru, dalla conoscenza alla saggezza, Ed. Verdechiaro, 2001

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Lo abbracciai di nuovo. Era il maestro, con l’energia di sem-pre che mi faceva girare la testa. Non erano trascorsi gli anni per lui, era un essere senza tempo. Sempre buono e umile, con l’umiltà dei grandi. Umiltà non significa piccineria, ma se non comprendiamo il suo reale senso, diventeremo piccoli davvero, per immaginarci di essere grandi...

Sono sicuro che egli mi aveva chiamato perché andassi al lago, senza che me ne rendessi conto coscientemente.

Mi sentivo molto bene, totalmente riconfortato. Però il giorno tra-scorse senza che potessi scrivere nulla, era troppa l’emozione e le otto non arrivavano mai! Che giornata lunga! Non veniva mai notte.

Dalla mia stanza al terzo piano c’era una vista eccezionale del lago, tutta la parete di vetro mi permetteva di accogliere quoti-dianamente i primi raggi di nostro padre Inti all’alba, e di notte contemplare nell’oscurità del lago le lucine che si muovevano sulla superficie dell’acqua, di qualche piccola imbarcazione che tornava in ritardo in città, o quelle ancora più lontane dei veicoli che circolavano sulle strade che costeggiano il lago.

Quattro colpi alla porta! Mi distolsero dalle mie disquisizioni e mi affrettai ad aprirla. Il maestro dovette chinarsi per entrare... io sorrisi... lui anche.

– Ho sempre questo problema – disse.Guardai il mio orologio: erano le otto di sera!– Maestro, la tua presenza mi rende tanto felice – gli dissi.

– Molti anni senza vederti.– Noi ti vediamo sempre e siamo informati di tutto quello che

fai e... anche di ciò che non fai... – disse con un sorriso burlone. – Seguiamo i tuoi passi, tu ti sei impegnato, nessuno ti ha obbli-gato – lo disse molto seriamente.

– Non sono pentito Amaru, caro maestro – dissi – è che sono molto umano e più di una volta mi sbaglio, quindi sento la pres-sione della comunità in cui vivo.

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– Credo che finalmente tu abbia superato quello che voi chia-mate “cosa diranno?”.

– Si maestro, ora non mi influenza più come all’inizio. È stata una sciocchezza della mia personalità – risposi.

– Bene, smetti di chiamarmi tanto “maestro”. A partire da do-mani notte, alla stessa ora, ti farò visita, però non più nella forma come ho fatto oggi, ma attraverso questi vetri sentirai quattro colpi che ti annunceranno la mia presenza; mi ascolterai soltanto, senza vedermi. Dobbiamo fare esperienza così, per rimanere sempre in contatto. Devi imparare – disse.

Questa si che sarà una esperienza molto difficile per me! Come sarà? – pensavo. – Nelle mie conferenze più di una volta sento la sua presenza e sono i suoi stessi pensieri che escono da me. Mi aveva già detto, in precedenza: “penserai con i miei pensieri”... Forse non riesco a “sentire” bene...

– Bene, dovrai imparare ad ascoltare – mi rispose Amaru, che “naturalmente” stava leggendo i miei pensieri...

– Lavati bene le orecchie – rise. – Durante il giorno continuerai a scrivere ciò che ti eri proposto e alla sera, per qualche ora, mi ascolterai e prenderai appunti per i tuoi prossimi libri.

Lo guardai pensando che scherzasse. No, era molto serio.– È importante insistere sulla storia dell’umanità, sui valori

persi e ricordare, per vivere bene, che siamo venuti sulla terra per essere felici – puntualizzò. – Ora me ne vado, devi riposare. Stiamo già facendo le ore piccole – sorrise, si alzò in piedi, mi abbracciò forte, sentii il suo calore umano, d’amore come sempre...

Erano trascorse due ore. Aspettai prudentemente un momento, forse 15-20 minuti. Calcolando che il maestro fosse già uscito dall’hotel, scesi per chiedere alla reception se qualcuno mi avesse cercato, perché, conoscendolo, avevo i miei dubbi...

– Nessuno è venuto a cercarla, signore – mi rispose l’impie-gato di turno.

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Lo sapevo già... volevo soltanto averne la conferma – pen-sai.

– Vuole che la faccia chiamare, se la cercano? – mi chiese.– No, molte grazie. Non credo che vengano più, a quest’ora

– gli risposi.– Desidera, signore, che la svegliamo a qualche orario, o ha

bisogno di qualcos’altro?– La ringrazio molto. Non mi serve nulla. A domani.– A domani signore, buon riposo – mi rispose.Nessuno aveva visto entrare il maestro! Lo supponevo.E domani, come farà a bussare al vetro della finestra che si

trova a circa a 6-7 metri di altezza?... E infine, come ha potuto andarsene così rapidamente fino al villaggio? Ritornerà domani sera? Neanche avesse un aereo supersonico... oppure ce l’ha?

Avevo i miei dubbi, nonostante lo conoscessi molto bene. Sono capaci di qualsiasi cosa!... Non voglio più pensare ad altre possibilità e... mi addormentai.

Poiché l’apparizione del maestro mi aveva impressionato moltis-simo, fui trasportato nel sogno, per l’ennesima volta, al villaggio “A”. Quel luogo magico, permanentemente tanto anelato e importante per la mia vita. I visi degli amati maestri Yupanqui Puma, Nina Soncco, Amaru Cusìyupanqui e altri di cui avevo soltanto sentito belle storie, erano presenti come se recuperassero vita fisica in quello stesso momento, insieme ad altri cari esseri come Ch’aska e qualcun altro che conobbi e che aveva conversato con me durante il lavoro nei campi. Ero uno di loro e raccontavo nel sogno che “avevo sognato” di essere lontano dal villaggio, di vivere in grandi città e perciò era solo un sogno, perché io vivevo con loro al villaggio.

Fui svegliato dai rumori di gente che raccoglieva patate in un terreno vicino all’hotel, proprio sotto alla mia finestra. Mi ripor-tarono alla realtà. Conversando, ridendo e scherzando, svolgeva-

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no la loro attività mattutina (i lavori agricoli si iniziano sempre al mattino molto presto) che si concludeva dopo mezzogiorno. Le loro donne arrivarono con la colazione che condivisero tutti insieme e... qualcuno si accorse che li stavo guardando, alcuni alzarono la testa e mi invitarono con un gesto a scendere. Così feci e divisi anch’io con loro la squisita merenda, che mi ricordò momenti simili al villaggio.

Mi chiesero cosa facessi a Puno, in quell’hotel. Risposi loro che scrivevo riguardo la storia sconosciuta dei nostri antenati andini. Gli adulti mi guardarono sorpresi, i più giovani si entusiasmarono al mio racconto. Non avevano mai sentito questa storia e a scuo-la era diversa. Quando menzionai Manco Qapac e la sua sposa come due esseri di luce, saggi che erano giunti da molto lontano attraversando il Lago Sacro, uno dei ragazzi assentì muovendo la testa e con profondo interesse disse che aveva sentito una storia simile da un vecchio aymara ora morto.

– Quell’uomo sapeva molte cose, però nessuno gli credeva. Qualcuno rideva dei “suoi racconti”. È pazzo, dicevano – aggiunse con dispiacere.

– Che peccato! – dissi anch’io – avrebbero dovuto ascoltarlo. Sicuramente conosceva la storia che oggi non si conosce ancora...

Li ringraziai dell’invito e ritornai nella mia stanza. Anche loro se ne andarono portando con sé l’abbondante e buon raccolto di patate.

Si stava facendo notte. Ero seduto, come tutti i giorni, vicino alla vetrata e continuavo a scrivere, guardando lo splendido lago e il terreno dove avevano raspato le patate quel mattino fino alle due o le tre del pomeriggio. In quel momento apparve una contadina con tre bimbi piccoli e uno sulla schiena. Pensai che stesse passeggiando o semplicemente percorrendo il sentiero verso casa, invece no, si fermò, mise una coperta tra i solchi aperti e vi appoggiò la creatura che aveva sulle spalle, poi con i suoi tre figli si mise a cercare patate rivoltando la terra già smossa al

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mattino, per portare qualcosa da mangiare ai suoi figli. Guardava da un lato all’altro mentre cercava le patate, forse sperando che nessuno la scoprisse... Ciò mi afflisse molto. Iniziò a fare buio, la notte arrivava, si affrettava nella ricerca poiché il giorno se ne stava andando. Non riuscivo più a vederla...

Pensavo a questa donna e alla trentina di figli miei a Samana Wasi. Credo che i miei siano più fortunati, però quelli... avevano la loro madre... E così si avvicinava l’ora segnalata da Amaru, mio maestro e padre di Ch’aska, mia amica e sorella, molto cara.

Il mio orologio segnava le otto in punto. Passarono alcuni minuti ed io non sentivo niente!... altri 3, 4, 5 minuti!

Sentii nella mia testa, per quattro volte, il suono di un gong! Mi fece saltare dal letto sul quale ero seduto, guardando la vetrata. Fu così forte che mi scombussolò, pensai che la testa mi sarebbe scoppiata. Poi sentii, come se fosse in cuffia, la voce del maestro!

– Sono adesso le otto! Il tuo orologio è avanti di cinque mi-nuti. Controllalo con quello dell’hotel! – disse e me lo immaginai sorridente.

Cosa è successo al mio orologio se ieri era in punto con quello dell’hotel? (poi lo controllai e... era avanti di cinque minuti!).

Sembra che la cosa sia molto facile – pensai nervosamente.– Mi stai obbligando prima di tutto a pulirti le orecchie, sono

molto sporche – disse scherzando, “lo sentii ridere”, persino.Incredibile!... Lo sentivo perfettamente e sicuramente dietro

i vetri non c’era nessuno... solo la mia immagine riflessa dalla luce delle lampadine.

– Non perdiamo tempo. Ascolta bene quello che ti spiego. Voglio vedere se puoi disegnare come si deve la mappa di quella grande terra, la nostra Pachamama, situata nel Gran Rio (Oceano Pacifico).

Cercai di “vedere” ciò che Amaru voleva che vedessi. Con qualche correzione che mi prese un certo tempo, alla fine fu

Map

pa d

i Mu

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d’accordo con il mio disegno. L’Australia non era parte del con-tinente, bensì una colonia molto vicina a Mu. Altre isole attuali costituirono, in passato, parte integrante di questo Gigante del Pacifico. La parte nord della California, negli Stati Uniti del Nord America, più esattamente da San Francisco fino al Monte Shasta, oggi considerata una montagna sacra e venerata con molto rispetto dalla gente che vive vicina e dai visitatori, era parte integrante e importante di Mu. Fu anche la prima zona che affondò, separando in questo modo Mu da Amaraka.

L’Isola di Pasqua (Rapa Nui), situata in Polinesia, fu l’estre-mo sud-est di Mu. Oggi costituisce parte del Cile e si trova a cinque ore d’aereo da Santiago. Esiste ancora in questa isola, anch’essa considerata con molto rispetto dai suoi abitanti e dai visitatori come luogo sacro, un muro molto simile a quello che c’è a Saqsaywaman (a Cusco – Perù). Cosa dirà questo testimone silenzioso, che magari ci sta parlando e non lo sentiamo? Siamo stati là e lo possiamo confermare.

Bene, molte isole e arcipelaghi del Pacifico furono parte di questo enorme continente chiamato Mu, il quale diede origine, secondo i miei maestri, a tutte le razze umane che popolarono successivamente la Terra e alla cosmovisione mondiale. Questa cosmovisione si andò adeguando e nascondendo nei diversi luoghi del nostro pianeta, si costituirono continuamente associazioni spi-rituali, scuole iniziatiche ed infine religioni, che si sparsero sulla faccia della Terra, in determinati punti geometrici... che qualcuno conosce... La Verità vive nascosta in esse...

L’idea di Mu si trasforma da sogno improbabile a realtà inconfutabile, solida, quando la si trova raccontata nella tradi-zione dei popoli, nascosta nelle viscere della Terra stessa, forse conservata con molta cura dai saggi, come i nostri maestri, o conservata nella memoria storica della maggioranza delle civiltà di tutte le parti del mondo, tutto ciò porta a considerare una unica origine dell’umanità.

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Quando Mu sprofondò lentamente nel Pacifico, partirono con premura spedizioni molto organizzate e autorizzate verso est e verso ovest del Gigante, per salvaguardarne la cultura. Coloro che vennero verso Amaraka, cioè ad est, diedero successivamente origine ai grandi imperi andino, maya, azteco, atlantideo ed egizia-no, e anche ad altri meno conosciuti. Quelli dell’ovest, cioè verso l’Asia, diedero origine a tutte le culture asiatiche, inclusa quella Tibetana, che conserva ancora scritti con questa storia...

Si dice che conquistarono ovunque amorevolmente, senza violenza, tutti i gruppi tribali che incontravano e li assimilarono pacificamente ai propri insegnamenti. Questa sarebbe la ragione per la quale ovunque si trova lo stesso principio di vita, l’origine comune delle scuole iniziatiche e, successivamente, delle religioni. Esiste dunque un Dio, non ce ne sono due, con diversi nomi. Uno Solo, che è l’origine della creazione, della generazione della vita, dell’involuzione e infine dell’evoluzione.

Egli diede leggi per la guida della creazione, leggi cosmiche che reggono, da allora, il mondo della manifestazione. Più in là, dicono i maestri, esistono altre leggi che ancora non conosciamo. Il compimento di queste leggi farà la felicità dell’uomo. Se ci sbagliamo, acquisiamo un debito e questo dobbiamo scontarlo in qualche modo. L’infelicità è la conseguenza dell’inadempimento alle leggi. Tutta la Conoscenza, si riassumerebbe così...

– Sembra che tu ricordi molto bene ciò di cui abbiamo parlato in precedenza – sentii. – Effettivamente il nostro progresso dipenderà dalla comprensione e dall’obbedienza alle leggi, che sono amore-volissime e molto giuste. Il progresso è cambiamento di mentalità. Se la nostra mente cambia, tutto andrà bene per il nostro progresso. Se questo atteggiamento contiene amore, starai sempre creando... perché l’amore crea, facendo oggi ciò che deve essere fatto oggi.

Non lasciare per domani ciò che può essere fatto oggi – dissi in silenzio.

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– Ciò che hai appena pensato non è del tutto corretto! – “sen-tii” dalla voce del maestro. – Non va bene nemmeno fare oggi quello che deve essere fatto domani... Devi vivere il presente, è la Legge. La gente si innervosisce e diventa tesa volendo fare oggi anche ciò che è per domani e questo non va bene. Ciò che è del lunedì fallo il lunedì. Non pretendere di fare il lunedì anche ciò che è per martedì, per quel lavoro c’è il martedì... Se realizzi il lavoro che corrisponde al suo giorno, eviterai fatiche inutili. Presta attenzione al momento attuale e poni il tuo corpo nel luogo dove sei, non come succede molte volte: il tuo corpo è a Puno e la tua mente a Cusco...

Effettivamente, il maestro aveva ragione di nuovo – pensai –non sempre si deve fare oggi ciò che deve essere fatto domani. L’eccesso di lavoro non sempre è produttivo. Quello di oggi è sufficiente per oggi.

– Domani continueremo – mi sembrò di sentire dal maestro. – A domani, ora riposa...

E la voce non ritornò.Non ci potevo credere... e sentirlo con tanta chiarezza! Quando

mi parlò della mappa, la vedevo nella mia testa, più esattamente nella fronte, come se stessi vedendo attraverso una finestra...

Il dubbio, mi disse in un’occasione Amaru, è pericoloso se si esagera, può trasformarsi in sfiducia e più tardi, emozionalmente, in sospetto e quello sì che ti distrugge.

Quello che stava facendo con me il maestro era aprire nuovi canali di comunicazione che non conoscevo. Ora so che ciò è possibile, lo sto vivendo...

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2. MU: LA GRANde PAChAMAMA

Il giorno dopo, l’appuntamento ebbe luogo alla stessa ora, otto di sera, come anche nei giorni seguenti, fino a quando tornai a Cusco, cioè a Samana Wasi.

– Come ti dissi in un’altra occasione, devo ricordarti, perché ti dimentichi sempre – disse il maestro – che il maestro Manco Qapac e sua moglie Mama Ocllo, anche lei maestra, venivano da molto lontano (da Mu, chiamato erroneamente Lemuria), attraversando il Gran Rio (Oceano Pacifico). Si installarono a Tiwanaco.

– Scusa Amaru – lo interruppi – mi ricordo: partì da Mu come Dio Meru, arrivò a Tiwanaco come Aramu Muru e attraversò il Lago Sacro come Manco Qapac.

– Mmmm... bene... è interessante anche sbagliarsi – disse il maestro scherzando. Ma non credo si fosse sbagliato... lo fece di proposito... per qualche motivo.

– Quella Terra aveva molti milioni di abitanti (approssimati-vamente sessanta milioni a Mu, lessi in qualche libro o ascoltai in una conferenza) ed era molto grande. Altrettanto immenso fu il progresso tecnologico e soprattutto spirituale al quale arrivarono. Ci portarono migliaia di anni di esperienza e conoscenze – af-fermò il maestro.

Questo immenso continente situato tra l’America e l’Asia, nell’Oceano Pacifico, lasciò testimonianze in tutta la terra: in India, in Egitto, a Babilonia, nell’isola di Pasqua (Rapa Nui), a

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Tahiti, nelle Samoa, nelle Hawaii, nelle Marchesi, ecc... cioè in molte isole del Pacifico e anche in Cina, in Tibet, in Cambogia, nel Borneo. Così come nelle zone occidentali del Nord America, in America Centrale e in America del Sud. Resti, simboli, leggen-de, inscrizioni scolpite. Esistono scritti antichi dai 12 ai 70 mila anni che confermano l’esistenza di questo Gigante del Pacifico, sprofondato nelle sue acque. I cataclismi che sommersero questa cultura e civiltà nelle profondità del mare, portarono con sé paesi interi, come la sua capitale Uighur. I vecchi filosofi greci, nei loro libri, nelle leggende e nelle trasmissioni orali, confermano questa affermazione. Plutarco sostiene che esistono “tavole” di pietra e argilla, resti archeologici, che ci “parlano” di Mu. Alcuni pezzi furono trovati in luoghi diversi. È un puzzle che deve essere com-posto con molta attenzione e amore. Si dice anche che nel Museo Britannico ci siano tre scettri di questa manifattura.

– In questa terra piena di vulcani – continuò il maestro – c’era-no molti popoli (nazioni) distinti, che praticamente parlavano la stessa lingua, mantenendo però la propria totale indipendenza. Con il passar del tempo apparvero altri idiomi, come deformazioni dell’originale. Questi popoli iniziarono ad emigrare in altri luoghi (continenti?) attraversando il Gran Rio fino a noi (est) e dall’altra parte (ovest), come al sud e al nord, portando la propria cultura, cioè la scienza, la religione e tutti i loro progressi. I popoli “con-quistati” ne beneficiavano.

– Questi popoli, che emigrarono in tutte le direzioni, venne-ro chiamati “maya” che significa “quelli che se ne andarono”... – dissi a voce bassa.

– Sì, gli diedero un nome, che rimase fino ad ora in varie lingue – disse il maestro (risponde sempre a quello che sto pensando... è un pericolo!).

– Perché ritieni sia un pericolo che io “legga” ciò che pensi?... – mi rispose. – Temi che scopra qualcosa in particolare?

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– No Amaru, lo dicevo per scherzare. Non mi preoccupa che tu sappia ciò che penso. Ciò mi obbliga, in qualche modo, a pensare sempre bene, no?

– Spero che sia così. Devi pensare sempre bene. Il resto non ti è mai utile, cominci a dubitare e dubitare, te l’ho già detto, ciò è realmente molto pericoloso. Nessun estremo – sottolineò con enfasi.

– Continuiamo – disse Amaru Cusiyupanqui, mio maestro. – Quelli che vennero da questa parte (America), entrarono nelle nostre terre da luoghi diversi, senza alcun ordine preciso, cioè arrivarono alle Ande nello stesso tempo che in America Centrale e del Nord. Lo stesso successe dall’altra parte (Asia), entrarono in contatto con popoli tribali che vivevano quasi allo stato selvaggio, la comuni-cazione fu molto difficile. Molto dopo, l’assimilazione di questi popoli (alla cultura muriana) avvenne con l’invio, in tutte le parti del mondo di allora, di speciali maestri che erano accompagnati da esseri spiritualmente molto dotati (come successe con il Dio Meru che arrivò fino a Cusco come Manco Qapac – pensai).

– Effettivamente, l’arrivo dei nostri maestri facilitò moltissimo la “conquista delle Ande” – affermò Amaru. – Vari gruppi (correnti migratorie) realizzarono ciascuno i propri viaggi (il Dio Meru entrò da sud come Aramu Muru, arrivando fino a quello che oggi si conosce come Tiwanaco). Altri arrivarono più a nord (Nazca) navigando su un fiume (forse un canale) fino a quello che è ora il Brasile, dove esisteva un mare (un Mediterraneo sudamericano?).

– Proprio sulle rive di questo mar Mediterraneo sudamericano – ricordò – fiorì una grande civiltà che successivamente ebbe in-fluenza atlantidea, il Gran Pajaten, in quello che oggi è territorio peruviano, al nord nord-ovest di questo mare.

– Attraversando questo mare – continuò il maestro – raggiunsero (dall’Amazzonia?) l’altro grande mare (Oceano Atlantico) arrivando in questo modo alla Terra Grande (Atlantide), la conquistarono,

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lasciarono tutta la loro influenza culturale e proseguirono fino all’altro mare chiuso (Mediterraneo?) raggiungendo infine il Fiume Sacro, Willa Mayu – disse riferendosi al Nilo – e lì fondarono, con i gruppi che incontrarono, un grande popolo (l’impero egizio).

Tutto questo decorse indubbiamente in centinaia o migliaia di anni – pensai.

– Si, trascorse molto tempo – mi confermò il maestro. – In ogni luogo lavorarono rispettando i popoli che incontravano, con-quistandoli poco a poco, senza difficoltà, perché era giusto ciò che insegnavano loro. Fu un lavoro lento ma determinato. Le altre cor-renti migratorie verso l’ovest di Mu realizzarono un lavoro simile, lasciando in tutte le parti quella meravigliosa “scuola di vita”. L’influenza di Mu si irradiò dunque verso tutti i continenti e, in proporzione allo sviluppo ottenuto, tutte queste colonie acquisirono la propria libertà, facendo vita propria, cioè nominavano i propri governatori che erano “Figli del Sole”, essendo discendenti della Grande Pachamama, Mu, “il Grande Impero del Sole”.

Lo stesso successe in America (Amaraka), come dicevamo ci furono correnti verso sud che arrivarono fino al Lago Sacro – sia-mo loro discendenti – fondando a Tiwanaco il loro primo centro religioso, capitale amministrativa e politica di tutto il sud. Un altro gruppo migratorio andò verso l’America Centrale e l’ultimo in Nord America, nella zona della California.

Sembrerebbe che l’origine di tutte le razze sia in Mu. Fu il crogiolo dove si fusero le nostre radici, dando origine a nuove etnie. Per questo nel nostro continente si dice che esistono razze morene, nere, gialle, bianche, meticce, ecc... in luoghi insospettati, sconosciuti o molto poco visitati. Nei loro miti, quasi tutti assicu-rano di essere “Figli del Sole”... Tutte le razze furono adoratrici del Sole, come origine della vita, adottando nella loro simbologia modi diversi di rappresentarlo. Queste nazioni, come in tutta la terra, subirono grandi cataclismi: eruzioni vulcaniche, terremoti,

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maremoti, ecc... e molte sparirono. Restano tracce, per fortuna ben conservate, che dimostrano la loro presenza nella storia mondiale.

Quando successe la grande ecatombe e Mu, la Madre Terra, sparì, “tutte le colonie”, che fino ad allora avevano avuto una guida comune nella loro vita spirituale e materiale, si slegarono completamente, adottando altre forme di governo che non sempre furono le migliori. Rimasero orfane!

Mu fu un continente di gente molto avanzata e sviluppata in tutti i campi, in nessun modo un popolo primitivo, come dicono invece alcuni studiosi che crediamo non abbiano avuto accesso alla conoscenza opportuna.

La Vita fu manifestazione continua del vivere con felicità. Il controllo dell’“Energia Vitale”, come di altre forze cosmiche, era pratica quotidiana in questa grande cultura.

La voce del maestro senza età venne di nuovo a me: – Abbiamo ereditato insegnamenti (la loro cosmovisione?). La

cosa principale è Inti, il Sole (come simbolo?) che rappresenta INTI invisibile, creatore (è la sua rappresentazione fisica e mono-teista). Tra quegli insegnamenti restano ancora Ayni e Minka (due istituzioni sagge, che continuano ad essere praticate, nonostante il tempo trascorso), sopravvivono aiutando i nostri popoli. La terra non apparteneva a nessuno ma la usavano tutti (era proprietà dello Stato). Una parte dei raccolti era per Inti (il governo?), un’altra per il mantenimento dei templi e l’ultima per il popolo; quello che restava si conservava in grandi magazzini comuni per i momenti difficili: (siccità, carestia, ecc...) e si distribuiva equamente. Gli Incas ereditarono qualcosa di queste belle abitudini.

– Come da due uova di gallina (uova cosmiche? Parlava della creazione) uscirono l’uomo e la donna (la dualità nel mondo della manifestazione – pensai – è importante per la riproduzione, senza di essa non ci sarebbe la fecondazione), ma all’inizio l’essere era uomo e donna (unità duale) però non lo sapeva (era incoscien-

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te) o meglio, era addormentato e mentre dormiva quest’uomo e questa donna furono separati (il principio maschile e femminile separati). Quando si svegliò erano già due (maschile e femminile). All’inizio l’uomo era Uno, poi (evolvendo) si convertì in Due. I due crearono Tre (così assicurarono la riproduzione e la continuità della razza umana) e poi tutta l’umanità.

– Questa e tante altre conoscenze ci furono portate dal maestro Manco Qapac, che era discendente della famiglia reale di Mu, dell’Impero del Sole, per questo egli era “Figlio del Sole”... Sulle montagne più alte della terra (l’Himalaya, il Tibet, il Nepal) esiste un monastero dove si trova un disegno dell’America del Sud (una mappa), sulla quale si vede un fiume (canale?) che permise l’ar-rivo del maestro Aramu Muru al Lago Sacro e a Tiwanaco, dove si installò. Ti ho già parlato di un “altro fiume” (altro canale?) per entrare in quel mare che c’era (Brasile), da lì passarono altri. Questo mare poi scomparve... (con l’inabissamento di Atlantide, il mar Mediterraneo del Brasile si trovò ad occupare il “buco” lasciato da questo continente, uscendo attraverso quello che oggi è il Rio delle Amazzoni, perchè l’Atlantico tornasse al suo livello...). Lì crebbero alberi e piante di ogni specie. Ora è il polmone più importante della Terra – disse.

La storia del maestro Manco Qapac – pensai – si ripete nelle tradizioni di tutti i popoli: scritti, disegni, miti, ecc... Si dice sem-pre che gli antenati vennero dalla direzione del “Sole ponente” e che erano gli uomini più antichi. Si riferivano a Mu naturalmente, che fu anche chiamata “la Terra dell’Ovest”, la “terra di Kuì”...

Umanità Non manifestato Manifestato Dualità

TRE

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Nei “sacri libri ispirati” di Mu, si predicava la prima religione dell’uomo: l’Amore, amore dell’uomo per suo Padre Celestiale e le sue Opere, l’Amore Divino del Padre Celestiale per suo figlio, l’uomo.

Di nuovo la voce senza viso del maestro venne a me: – Tutti i loro insegnamenti erano semplici, vero? Senza un

briciolo di complicazione. Si insegnò all’uomo ad avvicinarsi a Inti con molto amore e fiducia. Il miglior tempio per l’adorazione di Inti ed il più grande sulla Terra, è il cuore dell’uomo: può ar-rivare ad Essere uno solo con Lui ed è sempre alla nostra portata a qualsiasi ora del giorno e della notte, in qualsiasi luogo, grande città o deserto, è sempre disponibile.

– Se l’uomo impara ad usare la Grande Energia Divina che è dentro di lui, potrà governare tutta la natura e le sue forze. Potrà produrre vibrazioni molto alte, tanto alte da controllare o annullare le forze telluriche. Può vincere la forza di gravità, se se lo propone...

Veramente, non sappiamo ciò di cui siamo capaci – pensavo. Loro si, li ho visti, possono elevarsi senza nessun problema, “cam-minare” sull’acqua o “camminare” nell’aria... Senza l’attrazione magnetica non c’è peso. Qualcuno diceva: “il corpo celeste più grande, stella o sole, non ha peso nello spazio!”... I grandi maestri dominano e usano le grandi forze cosmiche e terrestri. Molte leggi per loro non funzionano.

Le Sacre Scritture ispirate di Mu dicono che ogni pensiero provoca un movimento del cervello, cioè di materia, che è allo stesso tempo forza energetica che si connette con le Forze Co-smiche. Queste vibrazioni viaggiano attraverso l’etere intorno alla Terra, tanto rapidamente che possono scontrarsi con un altro cervello. Se è allo stesso livello di vibrazione, il ricevente recepisce il segnale e comprende il pensiero che ha emesso il trasmettitore. Cioè, la trasmissione di pensiero avverrà tra i due

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cervelli stimolati e uniti l’uno all’altro che “conversano” senza suoni né parole... Credo di aver capito ciò che stava succedendo in quel momento...

Allo stesso modo controllano il fuoco. Elevano le loro vibrazioni in modo tale che le fiamme non li toccano, neppure i loro abiti si danneggiano perché anch’essi acquisiscono le loro vibrazioni, si “contagiano” della vibrazione della persona...

I grandi maestri raggiunsero, in tutte le epoche, il dominio e l’uso delle proprie vibrazioni spirituali. Cioè l’uso delle Scienze Cosmiche.

Di nuovo il maestro:– I disegni (simboli) sacri autentici della Grande Pachamama

(Mu) che rimasero dopo il suo affondamento furono modificati ovunque, a seconda del luogo (regioni, paesi, continenti?). Così si crearono diverse storie (miti) e iniziò una tale confusione che i popoli mescolarono di tutto e i loro stessi maestri (istruttori, professori) non capivano più, né potevano spiegare, la storia (cosmovisione) che avevano creato... La scienza e la religione cambiarono (si alterarono) e si separarono, quindi ciascuna creò le proprie leggi. Prima che questo succedesse, gruppi di veri maestri, per di più preparati a insegnare, portarono le Sacre Scritture ispirate a tutte le colonie. In ogni terra (paese o continente) formarono scuole e prepararono persone (sacerdoti) che istruivano ed educavano a loro volta il popolo, poco a poco (ai Sacri Misteri). In questo modo l’uomo conobbe un Essere Supremo, Inti, Creatore di tutto ciò che è in alto e in basso. È Suo figlio e siccome Lui è il Sole stesso, l’uomo è Figlio del Sole. Il Creatore mise dentro al suo corpo un Inti (spirito) che è padrone del corpo, non morirà mai, è immortale, durerà per l’eternità. Quando lasciamo il corpo ma-teriale (disincarniamo), questo si trasforma in terra (si disintegra) e restiamo liberi, andiamo nel Hanan Pacha (il mondo dell’Aldilà) ad aspettare il nostro ritorno (reincarnazione), che avverrà quando

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avremo compreso (preso coscienza) che abbiamo ancora delle cose da fare sulla terra, allora decideremo liberamente di tornare con un altro corpo, che ciascuno di noi costruisce. Noqan Kani (IO SONO – Inti) ritorna quindi alla terra e se compie doverosamente il suo compito, la sua missione, ritornerà alla Grande Fonte per vivere in perfetta libertà... Tutti i ritorni (reincarnazioni) fanno l’evoluzione dell’uomo: l’insegnamento deve essere vissuto... Non dimenticare: il sole fisico è un simbolo, non è Inti (Dio)... Inti (Dio) è la Luce Suprema ed il sole è la sua espressione visibile...

Tacque un momento e riapparve un’altra volta:

– Tutto (l’universo) era Inti (spirito). Non aveva forma, né vita. Tutto era silenzio, calma, senza suono. Tutto era oscurità (lo spazio immenso). Esisteva solo il Gran Paimi Kani (Egli: Dio), esisteva di per sé e continua ad esistere, come Creatore (Generatore, Costruttore, Gran Architetto dell’Universo) si muoveva nell’abisso dell’oscurità... E ordinò che i gas si unissero, che si trasformassero in pietre (si solidificassero) e formassero la terra... (restarono più solidi sulla crosta, in superficie). I gas della superficie si separarono e costi-tuirono le acque e l’atmosfera... I raggi di Inti (sole) rischiararono la terra e l’atmosfera si illuminò, diede chiarezza, luce, e la luce diede calore e il calore diede vita... Nell’Uju Pacha (interno della terra) c’era fuoco e il fuoco alzò la terra e apparve la terra asciutta, smise di essere come una laguna (pantano). Quindi ordinò che quelle acque, che si erano ritirate per formare mari, laghi, fiumi, ecc... ricevessero i raggi del sole e producessero vita... E dopo l’inizio dell’evoluzione fu “creato” l’uomo, come Essere Immortale, dentro ad un corpo che aveva fine (Inti e il suo corpo). Non bisogna ne-anche dimenticare che “l’acqua è il cammino”... È la Madre della Vita (così apparve per prima la Razza Polare, costituita dal “sottile etere vivente”, esisteva solo UNO stato materiale. Poi per seconda ci fu la Razza Iperborea, costituita dall’etere chimico e la terza fu la razza Mu – erroneamente chiamata Lemuriana – totalmente cosciente e individualizzata).

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– Hatun Pachamama (Mu o la Grande Madre Terra) – disse con solennità – aveva uomini (muriani o “lemuriani”) che, grazie alla loro evoluzione, erano già grandi (maghi?), capaci di fare cose che ora risultano difficili da accettare (razionalmente), la loro volontà era molto sviluppata, così come la loro immaginazione (ricordo che sia Nina Soncco che Amaru Cusìyupanqui, in più di una occasione, mi parlarono di rafforzare la volontà e lavorare con l’immaginazione). Usavano le Leggi (la scienza delle leggi universali?). Imparavano, insegnavano e praticavano la Conoscenza in luoghi speciali e la trasformavano in Saggezza (cioè vivevano ciò che insegnavano). Le donne furono le prime ad entrare in contatto con le forze della natura (gli elementali della natura?), grazie alla loro sensibilità, alla loro stessa natura interiore (sentivano le “voci interiori” delle piante, degli animali, delle pietre, delle nuvole, del vento, ecc...). Così si conobbe meglio la spiritualità della natura e della vita umana (il mondo esterno, sensoriale, è sempre soggetto al tempo e questo distrugge ciò che si è formato nel tempo...).

– È così – mi rispose il maestro – ma non dimenticare che tutto ciò che nasce nel tempo ebbe inizio nell’eterno (si originò nell’eterno)... ma non possiamo avvicinarci all’eterno con i nostri sensi fisici. Ci sono dei “sentierini” che ci aiutano ad avvicinar-ci all’eterno... (mi sembrò che sorridesse). Per adesso l’uomo è addormentato.

– Se l’uomo persiste con entusiasmo, con amore (se sviluppa le sue facoltà), può entrare nelle origini eterne della storia (Akasha o memoria della natura?) e informarsi su molte cose (se non si limita alle evidenze esterne... può imparare a conoscere). Là dove il nostro tempo non agisce più (sarà il mio tempo... perché il tuo è diverso...) incontrerai la viva storia di tutto, quella che non cambia... È così che i grandi maestri ci parlano del passato, poiché lo conoscono e lo possono vedere in quel mondo dell’eternità (il mondo akashico) – (E tu – pensai – mi stai “parlando” proprio di quel “mondo” che conosci e visiti tutte le volte che vuoi... Allora

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sei uno di quei maestri! Che tu lo voglia riconoscere o no!).Ci fu un silenzio prolungato... non sapevo se c’era ancora

o se ne fosse andato, credo che non gli fosse piaciuto ciò che “avevo detto”.

– Interrompi in ogni momento! – sentii rimbombare forte nella mia testa. – È importante che tu sappia anche che quella visione spirituale (percezione spirituale) non è infallibile, si possono com-mettere errori, vedere in forma sbagliata, non molto chiara. Per questo a volte le versioni che danno le diverse scuole non coin-cidono. Dipenderà anche dalla fiducia che abbiamo nelle persone che ci stanno informando e quanto esse siano serie e corrette... In ogni caso, in ciò che è importante, è possibile che siano d’accordo. Quelle scuole (scuole mistiche?), nell’essenza sono sempre d’ac-cordo. Bisogna tenere presente, e questo è molto importante che tu lo sappia, che la fiducia nei grandi iniziati e nei loro seguaci non dipende dalla quantità di conoscenza ed esperienza persona-le che hanno, ma dall’antichità della loro saggezza... L’iniziato vero (che pratica la scienza iniziatica), ogni giorno che passa è più umile, più modesto. La sua crescita (la sua preparazione) si realizza poco a poco, con il lavoro, con responsabilità, insegnando con prudenza, conoscendosi ogni giorno di più. In tal modo egli vedrà con chiarezza il passato che è storia (l’Akasha), il presente che è ciò che stiamo vivendo ed il futuro, tutto si sta realizzando nelle leggi che Inti diede al nostro mondo (leggi divine, cosmiche, per il nostro mondo della manifestazione?). Allo stesso modo, in quella casa dove si mescolano varie cose (laboratorio chimico?), colui che conosce e sa, grazie alla sua esperienza, ci dirà, predi-cendo il futuro, quale sarà il risultato, perché ha già avuto accesso a quell’esperienza; per lui non è difficile anticipare il futuro, se esistono date condizioni accade ciò che egli ha previsto. La stessa cosa succede al vero iniziato, che può vedere (il passato, la storia) grazie all’antichità della sua saggezza, e prevedere avvenimenti spirituali e anche di comportamento, sempre e quando siano in

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accordo alle leggi spirituali... Egli può vedere come si ordina il futuro. Dipenderà anche dalla volontà (libero arbitrio?) della persona, che però sfugge alla legge (si può prevedere, ma solo la scelta umana lo può produrre. D’altra parte, la scienza fisica poggia le sue “previsioni” sull’intelletto, facendole dipendere da opinioni, combinazioni, mescolanze, deduzioni, ecc... mentre la scienza spirituale si basa su una diversa percezione, superiore, che non specula – questo è un altro pericolo – per arrivare ad una visione vera). Nella relatività in cui viviamo niente è assolu-to. Ciò che in un momento è a destra, sarà a sinistra in un altro istante, come ciò che si trova in alto può apparire poi in basso. (Dipenderà quindi, nel mondo spirituale, dal livello di coscienza che abbiamo e in accordo alla nostra evoluzione).

– Il nostro cervello – continuò il maestro – ha molti ”rametti” (neuroni?) e questi “rametti” hanno tanti filamenti, quasi invisibili, che avremmo bisogno di centinaia di anni per scoprire come si relazionano fra loro e che funzioni hanno (da poco la scienza “ha scoperto” che le ramificazioni del cervello sono incommensura-bili e occorrerebbero centinaia di anni per poterne determinare connessioni e funzioni!). I grandi iniziati, la cui coscienza sta in un mondo superiore, sanno usare questi “filamenti” e per questo Noqan Kani (Io Sono) si manifesta e usa il cervello, creando cose meravigliose, straordinarie (metafisiche? perché sa che può... e può perché sa. Il ragionare non permette alla mente di manifestarsi...). Noqan Kani è una parte del Tutto ed è uguale al Tutto, come una foglia di capulì*, che nel mondo fisico ha la stessa composizione (struttura) di tutto l’albero di capulì... (il microcosmo è uguale al macrocosmo, come in alto così in basso). Non bisogna avere paura della verità. L’uomo che ha paura, non trova né salute né pace. La paura è un nemico dell’umanità... dell’amore. L’uomo ha paura di amare. Anche quando lavora ha paura di perdere, la

* Il capulì è un albero andino che fa un frutto simile all’amarena.

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paura non gli consente di avere sicurezza, fiducia. Inoltre considera il lavoro come un peso: deve lavorare, non vuole lavorare, cioè non ama il suo lavoro. Se considerasse il lavoro come un gioco, gioirebbe lavorando.

Credo che gli uomini di tutte le parti si somiglino abbastanza – pensai.

– Sì, tutte le razze della terra si somigliano molto (caratter-istiche somiglianti) – rispose il maestro – ci sono differenze create dall’ambiente (pigmentazione della pelle, statura, per influenza dell’altitudine maggiore o minore capacità toracica, ecc... e di-verse abitudini e usanze. È possibile che abbiamo tutti la nostra origine in un solo luogo, dicono alcuni studiosi. Altri sostengono l’apparizione simultanea in molti punti. Nel primo caso, dal punto originario si suppone che lo spostamento sia avvenuto in tutte le direzioni, popolando in questo modo la terra e adeguandosi ai luoghi nella misura in cui l’evoluzione faceva il suo lavoro. Nella seconda ipotesi, tutte le razze che si andavano formando popo-larono i diversi luoghi già con caratteristiche proprie dell’habitat e in accordo all’avanzare dell’evoluzione. L’ambiente influisce molto negli usi e costumi dei popoli).

Amaru Cusiyupanqui continuò:

– È bene ricordare che gli uomini di Hatun Pachamama (Terra Madre, Mu, che costituirono la terza razza), formarono la razza degli uomini completi (coscienti, individualizzati), i quali raggiunsero una evoluzione molto rapida in tutti sensi e quando cominciarono a partire (migrazioni), incontrarono dovunque gruppi umani tribali che ancora non si erano evoluti quanto loro; in quel momento si produsse l’unione (mescolanza) con quella gente e li assimilarono poco a poco ai propri insegnamenti e costumi, senza forzare. Con il tempo comparvero nuove razze, a seconda delle zone dove avvennero le migrazioni (in America, Asia o altri luoghi). Si sparsero da ogni parte, e siccome nella Grande Pac-

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hamama esistevano già razze evolute di tutti i colori e grandezze (con una sola cosmovisione) ed erano tutti figli di Inti, portarono il loro sangue (geneticamente) in tutta la terra e con l’influenza del luogo (ambiente), tutte queste razze (le razze muriane) si rin-forzarono definitivamente. Oggi, nel cammino della nostra crescita (evoluzione), si sta producendo un’altra unione (mescolanza) in tutta la terra, che darà luogo a una nuova e unica razza. Quello sarà l’uomo del futuro, che non dividerà più i suoi fratelli in bianchi, neri, rossi, olivastri, gialli, cinesi o ariani, semplicemen-te vedrà Inti in tutti (il Sole-spirito) che si manifesta per Essere Luce; allora l’uomo si renderà conto che è sempre stato luce e che tutti gli esseri umani sono fratelli, grazie alla loro origine... L’amore regnerà... (tuttavia ci saranno sempre in qualche modo differenze anatomiche e fisiologiche per influenza dell’ambiente: le montagne, il mare, i laghi, i fiumi, le pianure, ecc...). Quando gli uomini (muriani) uscirono dalla Grande Pachamama, portaro-no la Gran Conoscenza, che aveva permesso loro l’accesso alla Saggezza ancestrale, in tutti i paesi che visitarono, lasciando in essi una parte della loro gente perché diffondesse la conoscenza di Inti (Dio), della creazione, dell’evoluzione, della missione che l’uomo ha sulla terra, e così via (quindi siamo eredi di quella bella tradizione cosmogonica e cosmologica che costituisce la Cosmovisione Andina). Per questo motivo, in tutte le leggende (tradizione orale) si sente la stessa storia (cosmovisione), in alcu-ne più nascosta (mascherata) che in altre, a volte lo è tanto che risulta difficile trovare la Verità... Tuttavia, i costumi si somigliano (rituali, cerimonie religiose, festività di diversa natura nei solstizi ed equinozi, ecc...).

– Stiamo ricordando fatti molto antichi, milioni di anni, quando comparve l’uomo sulle Ande!...

In accordo con le ultime scoperte dell’astronomia, la grande esplosione iniziale – l’esalazione di Inti, direbbero i nostri ma-estri – avvenne approssimativamente dodici miliardi di anni fa!

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E il nostro sole di tutti i giorni apparve “solo” dieci miliardi di anni fa! L’uomo americano quattro miliardi di anni fa!... “pic-coli numeri che si riesce facilmente ad immaginare...”. Stiamo “parlando” forse dell’origine dell’uomo come americano?... Più precisamente come andino?... o meglio, muriano? Forse iniziò con questa terza razza, super evoluta, della quale noi, o i nostri antenati, siamo gli eredi? Certamente ciò costituisce una bellis-sima tradizione, che i nostri maestri kechuas ci affidarono e che continuano a dare, ad insegnare, benché a volte dubitiamo della sua verità... questi dubbi hanno qualche ragione apparente... Non ci sono prove che possano corrispondere... però noi conosciamo la loro autenticità e questo è sufficiente, lo diciamo senza superbia, con umiltà. Invitiamo tutti i cuori trasparenti ad investigare; tutti gli studiosi della storia forse saranno d’accordo che essa debba, al momento opportuno, essere rivista. Noi crediamo che la storia tra poco verrà riscritta ...

– Non è facile accettare – disse il maestro – quello che non si conosce. La Grande Pachamama (Mu) sembra una fantasia (un’utopia) ma è esistita e noi, come altri popoli lontani, siamo depositari della sua saggezza, della sua conoscenza, di cui l’uomo di oggi ha bisogno con urgenza per la sua crescita, per non con-tinuare a fare della propria vita un disastro, o causare un disastro alla Terra.

– Vennero verso di noi attraversando il Grande Fiume (Oceano Pacifico: forse Amaru continua a chiamarlo “fiume” perché in passato fu un “fiume in crescita” come successe a tutti i mari, all’inizio erano fiumi che, accumulando le loro acque in qualche posto formarono poi enormi laghi, in migliaia di migliaia di anni...) e scesero (sbarcarono) in vari punti dell’America e dell’Asia, se-condo i casi e in momenti diversi.

– Certo che i mari erano fiumi! – puntualizzò. – Fiumi che separavano i continenti o le grandi terre. Con il passare del

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tempo divennero mari. Essi (i muriani) si stabilirono sulle Ande, nella parte alta della nostra terra (del nostro continente) dove, per sicurezza, costruirono i propri templi e le proprie abitazioni (avevano memoria delle grandi inondazioni del passato, quando i fiumi strariparono e formarono la base dei futuri oceani o grandi laghi).

È naturale e comprensibile che l’archeologia, l’antropologia o la geologia non accettino questa impostazione, tuttavia, oltre agli insegnamenti dei nostri carissimi e rispettati maestri kechuas, ne troviamo la conferma negli scritti e nelle antichissime scritture, come anche nelle sculture trovate in diversi punti della terra, oltre alla tradizione orale che ancora conservano molti popoli e che viene comunicata con molta cautela...

– La terra che incontrarono (America) era diversa dalla loro terra (Mu), che aveva una vegetazione rigogliosa con montagne non molto alte (erano piuttosto colline). Questa loro terra ogni tanto si muoveva (forti movimenti tellurici), a causa dei numerosi vulcani presenti. La sua vegetazione, come ho detto, era abbon-dante (tropicale), così come i suoi animali, molto grandi (forse perché era fra i tropici?). C’erano scimmie molto grandi che furono scambiate per uomini.

Questo fu un grossolano errore dei ricercatori paleontologi, che trovando scheletri di lemuri, cioè di questo primate mammifero ve-getariano, in varie isole del Pacifico e su alcune coste dell’America, pensarono di aver trovato i resti dell’uomo primitivo, in quanto eretto doveva misurare 1,80 mt. e il suo cranio, come anche le dita dei suoi arti, somigliavano a quelli dell’uomo. In base a queste consi-derazioni, chiamarono questo immenso continente sprofondato nel Pacifico, Lemuria..., e siccome risultavano inoltre molto primitivi, conclusero che si trattava di una razza umana inferiore).

– Nell’antichità, gran parte di questa terra (Mu) era sempre avvolta dal vapore (a causa di lava bollente che ne copriva grandi

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estensioni), perché era piena di vulcani. La gente, tuttavia, viveva ben protetta dai pericoli. La loro alimentazione era molto equili-brata. Tutte le loro attività erano dirette al servizio e se qualcosa veniva male, sapevano come modificarlo in bene (la trasmutazione era una pratica costante in tutti i campi dell’attività quotidiana). Erano nostri fratelli un po’ diversi da noi, con molta luce nei loro corpi, lo sguardo molto dolce (affidabile?), parlavano soavemente senza gridare, con ritmo e molto amore. Erano alti più o meno 1,80 mt. Le loro belle case erano costruite in pietra dura, molto ben lavorate (abbiamo imparato da loro), con i tetti tondi (a cupola), erano rotonde (circolari) e sopraelevate (c’erano zone paludose), con porte ad archi, finestre tonde oppure ovoidali che resistevano a tutto (come succede attualmente a Cusco, i movimenti sismici non li sentono nemmeno... sono altri gli edifici che crollano). La-voravano i campi (grandi agricoltori) con attrezzi agricoli che si usano tuttora sulle Ande; oltre alla pietra, lavoravano (scolpivano) il legno, l’oro, l’argento, facendo belle cose (con altri metalli e leghe, erano opere d’arte).

Mentre “ascoltavo” il maestro immaginavo una terra esuberante con felci, conifere giganti, con un clima caldo su gran parte del territorio, grazie anche al calore interno della terra per via dei vulcani, terra che tuttavia era rinfrescata dai fiumi, da ruscelli e rigagnoli di acqua cristallina che miglioravano l’ambiente delle sue belle valli.

– Alcuni di loro (gruppi speciali di muriani) – continuò il maestro – vivevano dentro le montagne (costruirono le loro abi-tazioni dentro le colline, scavandone le falde). Molte cose che facevano le continuiamo a fare tuttora (abbiamo ereditato varie pratiche come le costruzioni di pietra, la Conoscenza Universale, i costumi, ecc... che sono molto simili in tutta la terra), cercando ancora di imparare i loro insegnamenti spirituali. Bisogna pregare e meditare meno e FARE di più. Senza il fare non avanziamo, senza SERVIRE non cresciamo e non siamo felici. Bisogna aiutare,

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collaborare, allora si che staremo camminando con sicurezza verso Inti (Dio). Non dimenticare mai: “sono più meritevoli le mani che fanno delle labbra che pregano...” (Se i pensieri restano parole, non conosceremo mai il valore dell’azione, cioè del FARE).

– Abbiamo bisogno di umiltà per l’apertura della coscienza. Umiltà per cercare altre fonti di informazione, umiltà per avvici-narci alla verità della nostra esistenza. Non dimentichiamo che “La Mente Cosmica (Inti – Dio) è l’unica sorgente di conoscenza”... molto più di quanto crediamo, che lo accettiamo o no.

Sentii che il maestro era serio e preoccupato. Credo che man mano che la ricerca scientifica avanza, a volte approfondisce tanto che trova “qualcosa”, nella parte più recondita delle cose. Quel “qualcosa”, che chiama semplicemente “energia” come origine o causa, è comune a tutti gli oggetti della ricerca. Non saremo in presenza dello spirito? E se si, non è forse parte di Inti o Dio?

– Tutto ciò che succede ha una causa. È il risultato o la con-seguenza delle nostre azioni o sono i processi della natura, che prima causano danni e dopo risultano benefici, per tutti noi. È l’evoluzione... Non avevano paura della morte, in realtà per noi (essendo Inti) la morte non esiste! È semplicemente un cambia-mento, cioè lasciamo il nostro corpo (che non siamo noi) per andare da un’altra parte (un altro piano di esistenza?) dove non abbiamo bisogno del corpo fisico e quando ritorniamo (reincar-nazione) useremo un altro corpo che ognuno di noi costruisce... Sapevano quando se ne sarebbero andati (morivano, o meglio, disincarnavano) e non desideravano rimanere qua molto a lungo (non erano longevi), sessanta – settant’anni era l’età media della vita, raramente oltrepassavano questo limite, generalmente solo quando venivano in missioni speciali (maestri? come quelli che conobbi che superavano i cento anni!).

– Quando si univano (matrimonio) era una festa speciale per la comunità. La coppia giungeva ad una convinzione molto co-

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sciente e responsabile della sua decisione, quindi i due parlavano ai loro rispettivi genitori, richiedendo l’autorizzazione. Prima di questo importante momento, e con l’autorizzazione di entrambe le famiglie, andavano a vivere insieme (sirvinacui) per un periodo di tempo (1-2 anni), lontano dalle loro famiglie e in condizioni piuttosto difficili. Dovevano costruire un’abitazione, lavorare aiutandosi reciprocamente per sopravvivere, ecc... Se superavano questa prova ed erano sicuri dell’amore che li univa, anche prima del termine, potevano ritornare e comunicarlo ai propri familiari. Così si realizzava la vera unione (matrimonio), un vero evento!.

Ero già a conoscenza di questa bellissima celebrazione: durante la cerimonia nuziale, con un ago d’oro, il sacerdote, o la sacerdo-tessa, faceva una piccola incisione sul polpastrello del dito medio – del cuore – della mano destra dei contraenti, significando che ognuno stava dando il suo sangue all’altro, mescolandosi in segno d’amore e di aiuto permanente. Poi il polpastrello sanguinante veniva posto sul polpastrello del dito medio della mano sinistra dell’altro, a dimostrazione che ciascuno riceveva il sangue dell’altro, non dava soltanto, ma riceveva anche. Successivamente, il sacerdote intrecciava le dita della mano destra dell’uomo con le dita della mano sinistra della donna e procedeva a legarle con una cintura – chumpi – che aveva i sette colori dell’Arco Iris (arcobaleno). Faceva anche indossare all’uomo una specie di poncho e alla donna una mantella e li invitava, tra gli applausi, ad andare a pregare nel tempio. Tutta la cerimonia si svolgeva all’aperto, solo alla fine il sacerdote li invitava ad andare nel tempio. È un rituale bellissimo, con dialoghi e riflessioni profonde sulla vita, la felicità e l’amore come scopo fondamentale di quella unione.

– Se durante la prova si rendevano conto che non erano sod-disfatti della compagnia del partner e non c’era sicurezza da parte di entrambi, l’unione (matrimonio) non si realizzava e ciascuno ritornava alla propria casa (con la propria famiglia) o partiva verso un’altra comunità per incominciare di nuovo. Il continente Mu

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era un luogo dove la gente viveva la vita spirituale come la cosa più importante, la ragione della propria esistenza. Si riunivano quotidianamente (per i culti religiosi) in tre occasioni, dovunque fossero, cioè sebbene stessero lavorando o riposando: alle sette del mattino, a mezzogiorno e alle sei del pomeriggio, momenti in cui pregavano e meditavano, con rituali molto semplici (ma con messaggi profondi) e brevi invocazioni agli elementi dietro ai quali c’è Inti (Dio) in quanto causa, origine e sostegno del tutto... (Questo atteggiamento di preghiera permanente ebbe come logica conseguenza uno straordinario sviluppo psico-spirituale che aiutò molto nella conoscenza e nella pratica della scienza, dell’arte e della vita stessa. L’atteggiamento passivo era molto breve, in quanto la preghiera attiva copriva l’azione di tutto il giorno, l’attività, cioè il FARE).

– L’azione è l’unico cammino dalla conoscenza verso la sag-gezza, il pensiero acquista forza nella parola, che prende vita nell’azione. In questo modo guadagniamo esperienza e l’esperienza ci dà autorità, rispetto. (Grazie a questo atteggiamento di azione e di dedizione acquisirono qualità superiori in tutti i campi, e risvegliarono altri sensi a noi ancora sconosciuti che permisero loro di sensibilizzare il corpo fisico, di svilupparsi spiritualmente e contattare l’Essenza che siamo: Noqan Kani, l’Io Sono).

– Ma come ti dico sempre – continuò il maestro – purtroppo, con il tempo, quel ponte che si stabilì tra noi (Noqan Kani) e la nostra apparenza (personalità) si ruppe, ed ora non abbiamo più un contatto permanente, se non ogni tanto...(è il motivo per il quale la nostra personalità ora decide della nostra vita, del futuro. Dobbiamo recuperare il controllo della personalità perché sia al nostro servizio e recupereremo il vero cammino di evoluzione che abbiamo perso).

– È proprio così! Tutto ciò che ottennero si deve a quello sviluppo (psico-spirituale). C’erano bellissime costruzioni che

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reggevano movimenti di ogni tipo (tellurici), l’unione delle pietre era molto speciale, tanto che esse si mantenevano in piedi, stabili. In qualche modo dominarono la natura, nonostante quella terra (il continente Mu) fosse instabile, non sicura. Avevano veicoli molto strani, alcuni si muovevano senza toccare il suolo, altri volavano. Le loro città, illuminate di notte da luci potenti, emanavano un’energia speciale (simile all’elettricità; è possibile che gli Esseni, in epoca molto posteriore, abbiano ereditato quell’energia perché si dice che Qumram – la loro capitale – fosse una città molto illuminata e che a grande distanza i viaggiatori del tempo, i viandanti del deserto, distinguevano nella notte la luce che illuminava il cielo e che proveniva da quella Città... forse sapevano usare naturalmente l’energia dell’universo), e sapevano usare anche l’energia solare. La scienza e la religione camminavano insieme e tutti avevano l’opportunità (l’accesso) alla conoscenza e alla pratica di ciò, anche l’agricoltura progredì molto. Conoscevano piante alimentari e medicinali e usavano tutto equilibratamente.

– Il tawa (quattro) era per loro un simbolo sacro (per i mu-riani) e continua ad esserlo per noi. Rappresenta, tra altre cose, la nostra apparenza (personalità), i quattro elementi che costi-tuiscono la struttura fisica dei nostri corpi. Il suo simbolo è la croce quadrata (Chakana), che poi divenne simbolo esoterico nelle scuole iniziatiche e successivamente nelle religioni (il giorno 3 di maggio di ogni anno è la festa della Costellazione della Croce del Sud. Quel giorno, la volta celeste viene onorata dagli abitanti della campagna come lo fu in passato dai nostri antenati. L’uni-verso era inteso come lo spazio nel quale ogni essere aveva il suo posto in completo equilibrio con gli altri, cioè in armoniosa relazione grazie alla combinazione delle quattro stelle della Croce del Sud. La Croce Quadrata o Chakana governa tutto. È il centro del centro, l’equilibrio totale, l’armonia cosmica, è Essere... la pienezza nell’espansione omogenea: l’unità nella diversità e la pluralità nell’unità...). Rappresenta dunque l’armonia, l’equilibrio,

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l’uguaglianza. È conosciuta ovunque (simbolo universale di egizi, indù, cristiani, ecc...). Originariamente appariva dentro un cerchio, rappresentando così l’universo come principio e fine di tutto. Era anche simbolo del germogliare, della creazione, generazione di vita... Troviamo la croce quadrata incisa sulla pietra, in alto e bassorilievo, su tutta la terra, soprattutto sulle Ande, in Bolivia (Tiwanaco) e in Perù (come generatrice di vita – in senso figu-rato – ha a che fare con la nascita e la morte fisica, dell’uomo. La nascita è l’effetto immediato di una morte, come questa è la causa di una nascita... Entrambi questi eventi umani avvengono sempre uno in seguito all’altro...).

– Non bisogna dimenticare nemmeno – disse il maestro in ri-sposta ai miei pensieri – che la Pachamama è principio generatore molto speciale (per eccellenza): accoglie il seme, generosamente lo fa germogliare, senza chiedere nulla. È produttiva, ricettiva. Aspetta passivamente che l’uomo semini, coltivi e raccolga secondo le stagioni che egli conosce... La Pachamama unisce il tempo e lo spazio, cioè passato, presente e futuro sono nati da lei e ritornano a lei. Quindi è la matrice universale e permanente, e proteggerà sempre la sua creazione...

La Croce Quadrata è un simbolo, e come tutti i simboli tradi-zionali non ha un’origine umana, ha un valore universale. È un vero simbolo, legato alla Tradizione Primordiale, pertanto adatto a comunicare verità, costituendo il linguaggio iniziatico unico per gli insegnamenti superiori. Ha un senso metafisico, è considerata come simbolo di unione dei complementari: la linea verticale rappresenta il principio attivo e quella orizzontale il principio passivo, come il maschile e il femminile nell’essere umano. L’as-se verticale, nel quale si manifesta l’“Attività del Cielo”, come direbbero gli orientali, unisce gli stati dell’Essere grazie al suo centro. Il piano orizzontale è la riflessione, simbolicamente “la superficie delle acque”, cioè del femminile o della “passività”, secondo tutte le tradizioni... È la rappresentazione dell’“Uomo

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Universale” maschile-femminile, l’unione dei contrari, l’“Androgi-no” primordiale di cui parlano le tradizioni degli antichi popoli... i contrari in equilibrio perfetto, senza che uno prevalga sull’altro. Simbolicamente, le si attribuisce la forma sferica, che si suppone sia la più perfetta... La comprensione di ciò è considerata in uno dei gradi dell’iniziazione...

– Mi sembra interessante quello che pensi, come riflessione! – disse il maestro, come sempre “rispondendomi”! – Il centro della croce rappresenta l’etere, cioè il quinto elemento (la quintessenza degli alchimisti?), ma in realtà sarebbe il primo, da cui derivano gli altri quattro. Il centro della Croce Quadrata è il punto dove arrivano e si chiariscono tutti gli opposti (in esoterismo si direbbe “la stazione divina”). È il mezzo che non cambia (il “Mezzo In-variabile” delle Scienze Occulte?) il luogo dell’equilibrio perfetto, il centro invariabile. Per colui che comprende ciò, non esistono più i contrari, non c’è più disordine, tutto è armonia e pace. La Croce Quadrata è l’equilibrio finale...

– Il ricordo di questa storia è nella nostra testa (subcosciente) e i luoghi speciali (scuole iniziatiche?) custodiscono ancora questa informazione ben nascosta (camuffata) perché la incontri il ricer-catore onesto, umile e dica con coraggio ciò che ha scoperto...

In quel momento “sentii” che il maestro non c’era più... se n’era andato...

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3. NINA KANChA

– Quando ti rendi conto onestamente – iniziò il maestro – che qualcosa dentro di te pregiudica il tuo lavoro, la tua missione (se l’hai scoperta), le tue relazioni con gli altri o con il tuo partner, quello è il momento di predisporre il tuo animo (stato emozio-nale?) ad un cambiamento esterno (cambio di atteggiamento?). Cioè sarà la tua mente a decidere intimamente di modificare qualcosa, per migliorare l’aspetto esteriore della tua vita. Ci saranno delle azioni, e che ciò si veda oppure no è il meno. Ciò che importa è l’azione positiva (atteggiamento). È il tuo cuore, l’amore, che trasformerà ciò che hai compreso intellettualmente (farà cambiare atteggiamento), con umiltà, per accettarlo con affetto e simpatia e portarlo avanti. Vivrai dunque in armonia con te stesso, con Noqan Kani che sei tu, la vera Essenza... Hai fatto la tua scelta, senza superbia, liberamente: vivrai ciò che hai deciso di vivere e ti ritorneranno l’allegria e l’equilibrio. Siamo noi gli unici che, coscientemente, possono e devono dirigere le nostre stesse azioni. Bisogna dare alle nostre parole il valore che hanno, restituire potere al pensiero e calore ai nostri sentimenti. Inizierà quindi a manife-starsi esternamente ciò che siamo internamente... Dobbiamo fare il primo passo senza paura (è la legge di incertezza in azione?), senza pregiudizi (...cosa diranno di me? ...che cosa ho trasmesso? ecc...) e con allegria, entusiasmo e sicurezza. Non rimanere con il “desiderio” di farlo, FALLO, decisamente... C’è sempre tempo per cambiare, non aver paura (Volere è Potere – pensai).

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– Sì, devi anche appoggiarti a pensieri fermi, positivi, costrut-tivi! – disse. Indubbiamente il maestro guida, suggerisce, consiglia senza dominare e senza egoismo.

– Pensare solo a se stessi (egoismo)?! No, bisogna collaborare, aiutare perché scompaiano le dispute di potere – mi “rispose” il maestro. – Rispettare la dignità di ogni persona, riconoscendo e accettando quello che ha da dare. Così inizierà il servizio... Bisogna ascoltare altre idee. Mettiamo amore in tutto ciò che desideriamo realizzare! È la motivazione più grande. Deve però partire da te, perché fluisca poi in tutti i sensi, riempiendo e impregnando le persone e l’ambiente nel quale ti muovi e agisci. Dare e ricevere sono manifestazioni della stessa energia e quindi anche il bene-ficio è comune.

Grazie alla Vita per l’opportunità che mi dà di servire in ogni istante. Grazie anche perché mi dà tanto.

– Sono felice! – dissi a voce alta.– Siamo venuti sulla terra per essere felici! – come sempre il

mio caro maestro “mi rispose”... – L’amore che si sente è molto più bello delle parole che lo definiscono (il maestro ha proprio ragione!). Non trattenerlo, che fluisca sempre, perché la vita e la felicità continuino. La felicità è abbondanza... È bello essere riconoscenti, la gratitudine è l’alimento della generosità! E ab-biamo tante ragioni per essere grati ad Inti e alla Natura che ci offre tutto in abbondanza! Non diamo molta importanza all’aria che respiriamo, raramente pensiamo ad essa, perché non ci costa niente, ma se ci viene a mancare moriamo in pochi minuti... L’acqua è vita ed è uguale per tutti, non fa distinzioni, fluisce da posti diversi e incredibili, dandoci i suoi benefici. Essa cerca sempre il suo equilibrio formando grandi laghi, lagune e mari. “L’acqua è il cammino”... (dicono gli insegnamenti dei nostri Maestri). L’acqua è l’origine della vita stessa. Non può esistere nulla senza di essa. L’acqua vuole sempre essere pura e “ci

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chiede” di non contaminarla. È vita. Tu conosci, e lo sai anche, che nell’acqua c’è vita, è vita, in essa vivono tanti bellissimi esseri (gli elementali dell’acqua, conosciuti come ninfe, sirene, ondine...) che sono sempre pronti a servire, ad aiutare, come gli altri elementi della natura; ricordi, no?

– Certo che mi ricordo, caro maestro e amico – gli dissi. Credo che “sorrise”.

All’inizio, la fecondazione è praticamente acqua (95% circa), il corpo dell’uomo è tutta acqua (si dice per il 70%). La vita è dentro l’acqua. La terra, nostra dimora, è composta per gran parte di acqua (70%). Bellezza e mistero circondano quindi l’acqua.

– Un giorno imparerai a “guardare” l’acqua e “vedrai” un universo di diversi colori (cristalli di atomi, molecole, ecc...) che cambiano sempre molto rapidamente, secondo il momento, come se non volesse essere scoperta... ma allo stesso tempo “ti parla”, ti porta il messaggio di quel mondo di energie sottili che contiene la Coscienza Universale... Inti (Dio) è ovunque... Di solito ha “questa forma”... (un esagono!) quando è cristallina e scorre, scendendo dalle montagne alle pianure, anche i colori sono trasparenti, pieni di vita. Se ha paura, cambia e si oscura, come quando è contaminata. Il canto (gorgheggiare) degli uccellini e la musica soave (non stridente) la rallegrano e “balla” portando salute in tutti i posti nei quali scorre. Non è mai la stessa, cambia sempre, più o meno come l’uomo... non ha mai lo stesso aspetto... L’acqua ascolta quando le si parla (che problema! Noi invece non ascoltiamo quando ci parla...), chiedile salute con amore e sentirai come “ti ricopre” della sua energia (ma, come si fa?).

– Dovrai scoprire e imparare il suo linguaggio... – rispose il maestro.

Davvero non esistono le casualità!... Mi capitò tra le mani, grazie ad un amico, un bel libro che “parla” delle ultime scoperte

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sull’acqua, realizzate dal ricercatore giapponese Masaru Emato*; è un’edizione in giapponese e inglese. Che straordinaria coincidenza e conferma, per me, degli insegnamenti dei miei cari e rispettati maestri kechuas...!

Dopo aver fatto delle straordinarie fotografie a colori, Emato dice, tra le altre belle cose, che “sembra” che i cristalli di acqua abbiano forma esagonale! Ci inviano messaggi, suggerendoci di guardare in noi stessi... Dice anche che, durante le sessioni di fotografia, osservò il processo di cristallizzazione migliaia di volte – cioè, è molto mutevole! – “e stranamente sentiamo e vediamo come il cristallo cerchi di rigirarsi o si trasformi in una bella figura la cui immagine porta meravigliosi messaggi. Sentiamo come se l’acqua cercasse di dirci qualcosa...”

Vicino a Tokio si prese un campione di acqua di rubinetto: non apparve nessuna forma di cristallizzazione... Che sia il destino dell’acqua in un ambiente urbano? Che le sostanze che le vengono aggiunte “per migliorarla” non siano le più adeguate?... A Buenos Aires, in Argentina, si ottennero belle immagini di cristalli. A Parigi, in Francia, la cristallizzazione non è stata facile. L’acqua delle sorgenti è molto speciale, i cristalli che si osservano sono molto trasparenti, bellissimi. In luoghi dove si dice che l’acqua sia miracolosa, generalmente si osservano misteriosi cristalli che fanno pensare ad una gloria mistica... L’acqua vuole essere sempre acqua chiara. L’acqua “naturale” – credo che come tale esista in pochi luoghi sulla terra – si direbbe che sia quella che non subisce l’influenza dell’uomo (altrimenti non sarebbe più acqua naturale...) ma si usa con il cloro per “purificarla”, rendendola quindi acqua non naturale...

L’acqua originalmente naturale ha il potere di purificarsi da sé, afferma Masaru Emato. L’acqua piovana penetra nel suolo e

* “The Message from the water” di Masaru Emato.

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si infiltra nel sottosuolo, come l’acqua che evapora dai fiumi, dai laghi, si filtra e si converte in nubi. Purtroppo l’uomo ha prodotto rifiuti di tutti i tipi (tra i quali quelli chimici) che inquinano il suolo, il sottosuolo, i fiumi, i laghi, ecc... In qualche modo anche le fonti ne risentono.

Laghi e lagune sono stati trasformati artificialmente e costretti a cambiare direzione, producendo uno squilibrio, molto spesso con conseguenze disastrose: l’acqua cerca sempre il suo equilibrio... Nel suo libro, Emato mostra una bellissima collezione di fotografie scattate in differenti circostanze e condizioni di purezza o conta-minazione. L’acqua della fonte di Saijo, a Hiroshima, per esempio, è famosa per la bevanda “sake” grazie alla sua purezza: la sua cristallizzazione è stabile, dice Emato, come le sue magnifiche ramificazioni che si sviluppano senza lasciare uno spazio vuoto. I cristalli del ghiaccio antartico hanno approssimatamene 370.000 anni, tuttavia non sono così belli come i cristalli attuali di alcuni luoghi, sono simili a quelli di acque inquinate e non naturali, mentre la loro antichità farebbe presupporre il contrario.

Emato ci assicura anche che la purificazione naturale è molto più efficace di qualsiasi altra artificiale. La pioggia che cade sulle città ha cristalli diversi da quella che cade sulle zone rurali. Ci sono ipotesi che suggeriscono attualmente la possibilità di “un certo grado di coscienza” nelle piante, che cresceranno forti, sane e belle se gli si “dicono” parole gentili, amorevoli e positive, ma che si ammaleranno e moriranno quando, al contrario, le si maltratta con parole volgari, dure e fredde. Anche l’acqua contenuta negli alimenti e nelle piante alimentari dovrebbe ascoltare della musica. Le vibrazioni della musica e della parola, come abbiamo già detto, vengono trasmesse nell’aria e influenzano l’acqua più di qualsiasi altro elemento. I miei maestri dicono sempre: “l’acqua parla, le piante anche, come tutta la natura, ma non sai ascoltare...”.

Le parole di apprezzamento e la musica soave migliorano la

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struttura cristallina dell’acqua. Emato fece un esperimento mettendo un foglio con scritto la parola “grazie” in uno dei campioni e la parola “stupido” nell’altro; il giorno seguente, senza comunicare nulla all’équipe dei ricercatori, diede loro i campioni da analiz-zare: Che sorpresa! C’era una tremenda differenza nei cristalli dei rispettivi campioni, brillanti e belli in quello che aveva la parola “grazie” e oscuri, malati, “timidi” nell’altro... (sanno leggere?). Riconfermiamo quindi che veramente non c’è nulla di più impor-tante dell’amore e della gratitudine in questo mondo: con queste espressioni, l’acqua intorno a noi e nei nostri stessi corpi cambia ed energizza tutte le cellule della nostra struttura fisica.

C’è qualcos’altro che sorprende in questo esperimento di Emato: non è lo stesso “dire all’acqua” FALLO piuttosto che FACCIAMOLO... quest’ultima parola produce, nei cristalli, movimento, danza, alle-gria, musica, la prima invece praticamente immobilizza tutto... e sono parole che utilizziamo quotidianamente senza prestarvi molta attenzione: i risultati non si vedono ma ci sono... Lo stesso successe con le parole bellezza e sporcizia: la prima produsse bei cristalli, la seconda mostrò invece cristalli brutti. Strano, molto strano: la foto di un cristallo di acqua che si scioglieva formò una figura che nell’ideogramma cinese vuol dire ACQUA!

Mostrando il nome di una persona all’acqua l’esagono del cristallo cambia, e diventa più bello se esponiamo la foto di un bimbo innocente... Il Dio più importante in Giappone è Amate-rasu Omikami. Fu messo il suo nome in un foglio attaccato alla bottiglietta del campione... Che bellezza! È indescrivibile... come cambia continuamente l’acqua...

Come dice Emato, tutte le sostanze sono costituite da un’in-sieme di atomi. Questi sono composti da elettroni e da un nucleo atomico. Siccome il nucleo è positivo e gli elettroni portano una carica negativa, girano in orbita intorno al nucleo ad altissima velocità, emettendo una piccola vibrazione di onde, che è chiamata

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Hado (il Qi?). Questo movimento forma un modello (un campo di risonanza magnetica) che non è permanente, cioè due modelli non sono mai uguali... A questo la scienza moderna dà il nome di “caos”. A livello del nucleo atomico c’è regolarità, ma le par-ticelle elementari che si trovano negli atomi non hanno regolarità (secondo la scienza moderna). La ragione, secondo Emato, è nella coscienza degli osservatori, che non sempre coincide nel vedere le cose allo stesso modo e questo influenza il comportamento degli elettroni... Il mondo del neutrino è allo stesso livello di coscienza di quello degli esseri umani... (È importante quindi, secondo questa possibilità, che l’osservatore o il ricercatore abbiano sempre la coscienza positiva e onestamente pulita, in modo da avvicinarsi ogni volta di più alla verità della propria ricerca). Hado è un fe-nomeno molto importante ma trascurato dalla scienza in generale, semplicemente per il fatto di essere invisibile... Hado è l’unità minima dell’energia invisibile... Anche nel suono e nell’elettricità c’è Hado. “Ricordiamo l’esperimento di sintonizzazione delle for-chette – dice Emato – mettendone due alla stessa frequenza, una accanto all’altra, e facendone suonare una, il suono si trasmette da una all’altra senza contatto fisico. Questo si chiama “risonanza”. Questo metodo di trasmissione di energia attraverso la risonanza è utilizzato nei televisori, nelle radio, nei cellulari, ecc... Molte cose intorno a noi utilizzano attualmente energia Hado e sono state inventate apparecchiature per la risonanza magnetica. Sono trascorsi molti anni da quando iniziai la mia “ricerca” su Hado e l’Acqua” conclude Emato.

– Inti (sole) ci da calore, genera la vita e, sorgendo ogni giorno, ci ricorda ciò che deve essere il costante rinnovamento. Quan-do si trova al centro del cielo (a mezzogiorno), stiamo vivendo pienamente, in armonia, con felicità e abbondanza. All’imbrunire (al tramonto), ci sta ricordando che è ora di andare a casa (in-teriormente?), in raccoglimento a meditare, a re-incontrare noi stessi. Siamo molto uniti a questo inti (sole), che come già sai è

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un simbolo (esotericamente) di Inti (Dio), che dà la Vita, Fonte di Luce... Se sei cosciente di questa unione, di questa relazione, saprai sempre dove è Inti (Sole)... Tutti i giorni sorge per tutti.

– Quando riesci a cambiare atteggiamento ti senti felice, allegro e l’allegria è l’espressione della felicità, quindi impari a ridere... al di là del “cosa diranno” che ti preoccupa molto – mi disse – delle gelosie, dell’invidia, della critica, del sospetto. Ridendo, il tuo cuore si sente bene, il tuo stomaco, i tuoi muscoli, tutte le funzioni del tuo corpo, incluso il cervello, si sentono meglio: crei di più. Le nostre attività hanno un altro aspetto. Canta (cantare?). Sì, torna a cantare... balla. Non devi prendere la vita troppo sul serio, capisci bene ciò che ti dico. Canta, anche silenziosamente, però canta... ti farà felice ed essere felici è più importante che avere sempre ragione... Il sorriso è molto importante e non costa nulla!... non spendi soldi, né tempo, né sforzo, ti rilassa totalmente, ti smonta, spariscono la paura e la rabbia, con esso affiorano le qualità migliori delle persone. Il corpo si alimenta dell’energia che porta il riso.

Quando conobbi i miei maestri kechuas, fui potentemente colpito dalle risate “che si facevano”, ancora oggi è una loro caratteristica... e imparai a sorridere con loro. Che immagine falsa dei maestri è stata creata pensando che il maestro debba essere serio, senza sorrisi né scherzi! Il vero maestro, oltre ad essere molto semplice nella sua espressione e umile, sorride, scherza, gioca... Quando li conobbi così, dubitai che fossero maestri... Il fatto è che l’amore per l’allegria che si vede in loro permanentemente, a volte fa pensare ad un essere troppo umano... Inoltre, io potevo stare molto vicino a loro, sentirli, toccarli, abbracciarli e “mi avevano detto” che i maestri non si potevano toccare... Che falsità!... L’allegria di questi esseri è una danza infinita... È l’Essere profondo che c’è in ogni corpo e si manifesta in ogni gioco... È l’immagine di Inti (Dio) che dà forza e ci fa crescere.

– Serietà?! – disse molto serio. – La serietà è una maschera che

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ci si mette per apparire, per sembrare ciò che in verità non si è, è ciò che “invecchia” le nostre anime... La fonte della giovinezza è il riso. Gesù era un Vero Maestro – lo disse con emozione – e rideva sempre, giocava, scherzava. È tempo di farlo scendere dalla croce... Egli non ha bisogno di essere accettato, riconosciuto, adorato per Essere l’Essenza Cristica che È... Egli è, ed è sempre stato, l’Inti che brilla nelle nostre vite, è l’insegnamento permanente, senza età, dei nostri Fratelli Maggiori, Figli del Sole... (Non lo avevo mai sentito parlare così!).

– Il cambiamento di atteggiamento è servizio che inizia da te, nelle tue Ande interiori, fondamentale perché tu fiorisca e aiuti a fiorire... Esige quella saggezza che aprirà il tuo cuore alla Coscienza Divina che Sei... e ti aiuterà a riconoscere che impari da ogni esperienza, sia positiva che negativa. Puoi vedere oltre le apparenze, arrivare al vero significato del tuo cambiamento e accettare con umiltà quella realtà. Agisci come il bimbo che non ha pregiudizi, che è aperto e sincero (autentico?), si esprime sempre com’è. Bisogna permet-tersi qualche volta di farlo uscire (il nostro bambino interiore?), che si manifesti con chiarezza, senza paura, senza maschere. Egli sa ridere... e ridere è la musica di inti (spirito). Non so perché tutti sono o vogliono essere seri; credo che sentano o pensino di perdere la loro personalità nei confronti della società se hanno un po’ di humor... forse tornerebbero... umani... L’uomo senza risata è un tronco secco... e il tronco secco, è morto. L’intelligenza ha il senso dell’umorismo; se lo perdi smetti di essere intelligente, ma la società ti insegna il contrario, il senso dell’umorismo è poca serietà. Non puoi né devi ridere davanti ai tuoi superiori, davanti ai tuoi maestri, nelle chiese, né davanti ai sacerdoti (dicono che Gesù non rideva... non ci posso credere! Era uno degli uomini più grandi e intelligenti che abbia mai camminato sulla terra).

– La vita non è un fenomeno serio. È allegria, è felicità co-smica... (che curioso, l’unico animale che ride è l’uomo! Non c’è

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un altro animale che lo faccia naturalmente, le api non ridono, né le formiche né il cavallo, ecc...). Solo l’uomo può ridere e colui che ride accresce la propria salute fisica, psichica e spirituale. La risata ci allontana dalla vanità, dalla serietà dell’ego, ci permette di essere noi stessi fuori dalle grinfie della superbia...

– Quelli che credono che la religione sia seria, hanno sbagliato strada. La religione è vita, bisogna celebrarla con felicità, ballando, cantando, ridendo. La religione va vissuta, sentita nel nostro corpo, circolare nel sangue. Non è teoria. Molti credono nelle teorie, così tante teorie che diventano seri... Credono, ma non sanno nulla, non sono religiosi... Bisogna liberarsi di quel pesante fardello per sentire la vera religione e imparare a ridere, festeggiando l’Essere, ringraziando Dio con quella semplice preghiera... La risata deve nascere dal cuore, fluire. Non deve essere forzata, né manipolata, per ragioni che non hanno nulla a che vedere con l’allegria. La risata deve esprimersi dal tuo centro, da dove sei tu...

– Impariamo dal bimbo che ride con purezza, innocentemen-te. Non come in politica, in economia o negli affari, altrimenti sporcheremmo la risata (succede...) e sarebbe segno di ipocrisia. Dobbiamo ridere sempre, così impareremo anche ad affrontare qualsiasi ostacolo (qualsiasi situazione) e sarà una buona esperienza che ci permetterà di crescere. Tuttavia, ci saranno anche momenti difficili che ci porteranno al pianto... e piangere non è un segno di debolezza o di vigliaccheria, è semplicemente essere autentici, reali, umani e una dimostrazione che sei vivo: ridi e piangi.

– Il mondo non cambierà se non cambiamo noi. Il cambiamento deve essere responsabile. Questa responsabilità ci dà fiducia, con essa affrontiamo la sfida, che sarà un’esperienza dalla quale im-pareremo. L’insegnamento che riceviamo deve essere valorizzato, apprezzato, non criticato, riconoscendo tutto il buono che ci capita e che ci aiuta a comprendere quando ci sono delle difficoltà. Parla sempre in modo calmo e chiaro, dando valore alle tue parole. Sai che puoi ferire, umiliare, disprezzare se non ti curi di come parli.

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Lessi su una rivista o forse in un libro, a proposito del valo-rizzare le nostre parole: “Potete stare certi che quando il vocabo-lario osceno, o semplicemente svilito, destrutturato, si trasforma in alimento quotidiano, e quindi banale, di tutto un popolo, è il segnale che questo sta entrando in una fase di autodistruzione... Niente a che vedere con nessuna forma di morale. L’Universo ignora la morale perché è arbitraria. Se cerchiamo l’Amore As-soluto, non si può mai fare ricorso alla nozione di morale. Le morali sono inevitabilmente umane... mentre noi stiamo cercando il superumano. È soltanto la logica solare quella che fa questa espressione di denuncia...”.

– Coltiva la parola affettuosa e calorosa, questa è una potente alternativa perché la gente si senta bene: possiamo cambiare l’at-teggiamento freddo e sentire amorevolmente questa libera scelta, senza richiamare l’attenzione su di noi. Semplicemente dire le cose con gentilezza e anche farle... senza cercare benefici né secondi fini, con la maturità che la vita ti ha dato nello sviluppare le tue capacità (talenti, abilità?) durante la crescita. Parla quando senti l’ispirazione a farlo e la tua voce si trasformi in una vibrazione trasparente che accarezza calorosamente o mantieni il silenzio purificatore che ti permette di ascoltare...

– Sii perseverante ma senza disperazione, dai tempo al tempo. Non tener conto della resistenza (la nostra personalità?) che in-contri, perché ti scoraggia. Guarda con ottimismo e armonia ciò che la vita ti insegna tutti i giorni e vedrai che l’impazienza e la delusione scompariranno, trasformandosi in calma e sicurezza. Le persone che ci si oppongono con aspetti negativi (gelosia, invidia, ambizioni, ecc...) creando difficoltà, ci stanno insegnando qualcosa; ringraziamo, forse scopriremo in quegli atteggiamenti degli aspetti negativi nostri, che non avremmo riconosciuto in altro modo. Questa attitudine ci richiede totale onestà, ci libera dal dubbio (dall’incertezza?) e ci permette di vivere il presente

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con pienezza; esiste anche la possibilità che ci stiamo sbaglian-do, per questo l’onestà è molto importante. E se è la Natura a crearti disagi, non disperare, forse devi imparare la pazienza (la tolleranza?) e può darsi che sia una ulteriore prova che la vita pone sul tuo cammino per aiutare la tua crescita... (È una sfida, bisogna rispondere adeguatamente alle circostanze, senza ferire né farsi male, evitando che le persone si allontanino da noi, tol-lerare giovani e bambini senza confondere ciò con l’accettazione di qualsiasi cosa...).

– Il cambiamento di atteggiamento (si suppone che “stiamo parlando” di un atteggiamento positivo, costruttivo – pensai) ab-biamo detto che è condividere, è servire.

Seguì un lungo silenzio, sentii che mi stava guardando, non gli piacque ciò che avevo detto, sono sicuro...

– Stiamo parlando di tutto il buono che la Vita ci offre quotidian-amente e non dei difetti umani che ogni giorno causano disastri... (bene, si era irritato, benché credo che fosse più preoccupato per il mio pensiero). Condividere ci porta allegria, servire ci dà vitalità: ci stiamo prendendo cura dei bisogni degli altri, umani o di qual-siasi essere della Natura, come se fossero i nostri, raggiungendo un livello di coscienza amorevole. Impariamo che più diamo, più abbiamo spazio per ricevere. Impariamo ad ascoltare nel silenzio della nostra coscienza la richiesta degli altri (telepatia?). In quel silenzio ascolteremo anche noi stessi, come ascolteremo la Natura nelle diverse forme della sua manifestazione, ciò che “ci dice” l’acqua, il messaggio del vento, come “ci parlano” gli alberi... Impareremo a percepire i pensieri e i sentimenti che si incontrano in tutto lo spazio (nell’Akasha, forse?). È aprire le orecchie al cuore... Noi siamo dentro al cuore! – enfatizzò.

– Se sei in quel processo di cambiamento (senza egoismo, con coraggio, senza vanità – “mi dissi” il più piano possibile), dovranno prima scomparire dalla tua vita l’orgoglio, la superbia, la vanità,

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perché tu possa realmente ottenere un cambiamento costruttivo di atteggiamento. Sì, dovrai essere coraggioso ed affrontarli, poiché sono permanentemente molto vicini a te.

– Ti dicevo, in questo processo di cambiamento devi imparare anche ad ascoltare il tuo intuito che è al di là del tuo cervello (oltre la logica e la razionalità?). Così assumerai il corretto atteggiamento, senza dubbi, perché l’intuizione è una facoltà di Inti (io?).

– Sì, tua! O... non ricordi già più che sei Inti (spirito)? Dovrò ricordarti che non sei il tuo corpo.

Il maestro iniziò di nuovo, con tutta la sua pazienza, ad istruirmi sullo spirito che sono ed il corpo che non sono. Parlò un’altra volta molto bene della persona e della personalità, che costituiscono una unità nelle nostre vite, pur essendo immortale la prima e mortale la seconda, delle facoltà che abbiamo noi e di quelle che possiede il nostro corpo. Amaru Cusiyupanqui – Illac Uma – è il mio caro maestro. Un altro “mi avrebbe già mandato a quel paese”...

– L’intuito è una facoltà tua, non della tua personalità, e l’amore che senti (come spirito) renderà possibile che esso si manifesti (energia) come una qualità (un dono) naturale, illuminando il tuo cammino. Il gran segreto di tutto è l’Amore! E per amore sei solidale, per amore fai le cose con entusiasmo, cioè poni interes-se in ciò che desideri realizzare. L’entusiasmo dà vita al fuoco creatore e divino che c’è in te, dai vita alle tue aspirazioni e vedi il meglio che c’è nelle altre persone, le apprezzi e le aiuti perché manifestino le loro. Organizza le tue attività dando delle priorità e valorizzando realmente il tuo tempo, non in modo assoluto, ma con flessibilità e armonia (coerenza?), cioè in modo che rap-presentino i tuoi stessi sentimenti, pensieri, parole e azioni (fare ciò che si predica!). Che le tue parole abbiano potere d’azione, evitando conversazioni inutili.

– Se valorizzi il tuo tempo, vedrai che il presente è ciò che più importa e in esso devi agire libero da colpe. Non devi vivere

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il presente guardando gli errori del passato. Perdonati per aver vissuto esperienze (nel passato lontano o recente) negative, per ignoranza o mancanza d’amore e lascia andare: vivi pienamente l’oggi. Il presente è la cosa più importante nella tua vita. Non guardare indietro, non vale la pena, il passato è morto e la tua vita continua, con valore, nel presente. Questi atteggiamenti ti porteranno ad uno stato di tranquillità, per non affrettarti aspettan-doti risultati immediati, non alla disperazione. Cerca di ascoltare il silenzio in questo mondo tanto agitato. Vivi in armonia con te stesso. Nessun estremo, gli estremi fanno danno. Cerca sempre l’equilibrio.

– Osservando la Natura impariamo moltissimo. Guarda l’acqua, si abbandona con sicurezza assoluta e può occupare tutti gli spazi vuoti che incontra. Si adatta (modella?) seguendo le leggi fisiche, purifica, nutre, fluisce da ogni parte, è flessibile. La trasparenza del suo “atteggiamento” ci deve servire da esempio per liberarci dalle incertezze, dai timori, per esprimere il meglio di noi stessi, per Essere, spazzando le nebbie che sporcano (intorbidiscono) la nostra visione e non ci permettono di “vedere” la luce del nostro Inti (spirito che siamo), né sentire il nostro vero calore. Questo atteggiamento di fermezza (ottimismo) affronta le sfide, intraprende avventure e le vive, trasformandole in esperienze creative, positi-ve, creando le condizioni favorevoli perché si realizzino le nostre aspirazioni. Inoltre è necessario “osservarsi”, come si reagisce di fronte alle difficoltà, alle sfide, per correggere il corso della nostra energia. Se accettiamo con umiltà i nostri errori, possiamo realizzare grandi cambiamenti nella nostra vita e infine godere di ciò che facciamo, cercando di sentire il nostro abbandono, nel dare e nel ricevere.

La cosa più importante è semplicemente l’atteggiamento di abbandono – pensai.

– Effettivamente, la cosa più importante nel dare e nel rice-vere è l’abbandono stesso, cioè porsi con dedizione nelle mani

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dell’azione positiva di Servire – mi rispose il maestro. – Questo è il nostro impegno perché ci giunga in aiuto, dall’alto (livelli superiori), l’energia di cui abbiamo bisogno per Servire, servire con vocazione, con allegria, con sincerità.

– Occorre essere liberi dal bisogno di avere delle cose (posse-dere), delle persone (non attaccamento) o situazioni, per accedere ad altri mondi (livelli di coscienza?). Comprenderemo quindi anche che le cose (materiali) non sono permanenti, definitive, un giorno smetteranno di esistere. Comprendendo questa situazione la Vita fluirà abbondantemente, con maggior coscienza. Bisogna lasciare il possesso (distaccarsi) con equilibrio e buon senso. Lasciare andare le persone che uno ama non vuol dire rinunciare a loro o dimenticarle, ma poter vivere senza di loro...

Il cambiamento di atteggiamento è anche un iniziare (una ini-ziazione?). Sì, una iniziazione, perché incominciamo a portare alla luce, a volte con dolore, ciò che onestamente vogliamo migliorare o cambiare, per il nostro bene e per servire meglio. L’iniziazione non è per gonfiarsi, né per alimentare la nostra superbia, è uno stato di interiorizzazione, entrare profondamente in noi e scoprire il Sole che siamo, e questo sì che ci trasformerà e saremo pronti ad agire esteriormente nel mondo, pienamente consapevoli della nostra forza solare.

– Per concludere questo argomento devo dirti che (sentii una certa tristezza nel maestro) finché l’attuale uomo andino non va-lorizzerà la sua vita, continuerà nell’ignoranza, perdendo l’oppor-tunità che la Vita gli offre in ogni momento. Per il cambiamento, gli manca qualità nella vita.

Ciò che avevo “ascoltato” dal maestro mi indigna. Mi indigno contro l’ignoranza, sfruttata dai “salvatori della Patria”, e contro la povertà di spirito che intorpidisce l’uomo – pensai anch’io con dolore... mi sembrò di sentire le sue mani sulle mie spalle...! L’uomo andino ha dimenticato la sua dignità, e per questo si è smarrito...

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– Ho l’impressione che domani sarà un giorno diverso – disse il maestro. – Domani, molto presto, ti aspetterò dove ci siamo incontrati (al molo dell’hotel?)... Andremo a fare un giro sul Lago Sacro e torneremo dopodomani...

Faceva molto freddo ma... che gradevole il freddo secco di Puno! Eravamo a più di 3.800 metri sul livello del mare. Apparve il giorno con un cielo azzurro senza nubi, il padre sole non era ancora uscito e il maestro Amaru era già fermo sul molo parlando al proprietario della barca che sicuramente ci avrebbe portato in qualche posto...

Mi parve così naturale vederlo! “Bello eretto” come sempre, brillante nel suo poncho marrone con una frangia verde. Come sempre portava in testa il chullo (copricapo andino di lana con i paraorecchie, n.d.t.) che copriva i suoi capelli bianchi... Questi “mi-racoli” con loro smettono di essere miracoli... non mi chiesi neanche come era arrivato o semplicemente come era apparso... “avevo già perso la ragione”... tanto che non mi importava nulla, per quanto strano fosse o mi apparisse... “Nella mia pazzia” mi avvicinai per salutarlo, lo abbracciai dal di dietro e sentii il suo amore paterno, lui continuava a parlare con l’uomo mentre mi teneva per mano... che emozione! Dopo alcuni minuti si girò e anche lui mi abbracciò.

– Hai dormito bene? – mi chiese.– Perché me lo chiedi – gli risposi – se già sai come ho

dormito?Sorrise e continuò a parlare con il proprietario della barca.

“Questo è mio figlio!” gli disse indicandomi... (l’uomo mi guardò sorpreso ... forse pensò che ci somigliavamo nei capelli... anch’io mi sorpresi, ma mi fece piacere ciò che disse, che onore! Mi aveva chiamato figlio. Anche Nina Soncco lo faceva*. Sono figlio loro. Suppongo che il barcaiolo non avesse inteso nulla.

* Vedi il libro Nina Soncco, Cuore di Fuoco, Ed. Verdechiaro 2001.

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– Montiamo – disse il maestro, e la barca partì. Non chiesi dove saremmo andati... ero con il maestro.

Dopo varie ore arrivammo ad Amantanì, una bella isola kechua di fronte ad un’altra non meno bella, Taquile. Scendemmo dalla barca ed iniziammo a salire in compagnia di vari kechuas che ci aspettavano. Salutarono Amaru con molto rispetto e gli dissero che tutto era pronto...

Che cosa sarebbe successo? – mi chiesi in silenzio mentre arrivavamo al grazioso villaggio, sparpagliato su tutti i lati della montagna. Le donne, alcune con i loro bambini e altre che si muo-vevano da sole lungo alcuni bei sentieri che collegavano le case, ci guardavano e ci salutavano. Indubbiamente per loro eravamo stranieri che camminavano – almeno io – per la prima volta in alcuni luoghi speciali di questa Terra Sacra, che custodisce nelle sue pieghe nascoste molti segreti.

Ci invitarono a fare colazione a casa di... (non ricordo il suo nome) dove anche ci alloggiarono. Poi salimmo ancora un po’, fino a Pacha Tata, dove il maestro Amaru, con moltissimo rispetto, salutò il posto facendo una specie di danza, muovendo ritmicamente piedi e mani, come se lui solo “sentisse” della musica... è possibile che fosse così... Con quelli che ci accompagnarono, tre oltre a me, ci sistemammo in piedi in quattro punti equidistanti (punti cardinali). Terminata la cerimonia pregammo. Poi, il silenzio... iniziò il suo lavoro... Dopo circa tre ore scendemmo al villaggio dirigendoci verso la casa. Nel frattempo la notte iniziava a coprirci con la sua oscurità, illuminata poi dalle stelle che iniziarono a spuntare come lucine molto brillanti. Erano “a portata di mano”, ma nonostante la loro presenza la notte era buia, non si vedeva niente.

Fino a quel momento “il mio caro padre e maestro” non mi aveva informato assolutamente di nulla, cioè ignoravo comple-tamente l’evento trascendentale che sarebbe successo nella mia vita quella notte.

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Mi sistemarono in una stanza sotto a quella dove avevano alloggiato Amaru. Egli conversava non so con chi, sembravano parecchi, dopo circa trenta minuti scesero. Mi chiamò, spensi la piccola candela accesa che si trovava sul tavolino e uscii dalla stanza, ero ben coperto ma sentivo molto freddo; uscirono anche gli altri, indossavano i loro ponchos. Non conoscevo nessuno, i tre che ci avevano accompagnato a Pacha Tata non c’erano. Erano in sette. Uscimmo dalla casa seguendo il maestro in silenzio. Sic-come non si vedeva niente, mi misi dietro a lui per non perdermi o inciampare e cadere, la notte era molto buia; credo che essi avessero “la loro propria lanterna”... Camminammo nell’oscurità, lentamente, sembrava di proposito. Non so dove andammo, dava l’impressione che stessimo salendo, sentii il rumore di un piccolo ruscello. Infine, dopo aver camminato per un’ora o più, arrivammo in un posto che sembrava più pianeggiante.

– Siamo a Nina Kancha – disse uno di loro.Vedemmo un grande falò che illuminava un po’. Mano a mano

che ci avvicinavamo riconobbi tre persone, quelle del mezzogiorno! Uno era il padrone di casa, che attizzava il fuoco. Le braci, sparse e accese, suppongo misurassero tre metri di lunghezza e forse uno o più di larghezza. Era gradevole restare lì vicino, c’era un bel “calduccio”. Inoltre la camminata, che mi era sembrata lunga, mi aveva riscaldato un po’ il corpo.

Ci salutammo silenziosamente, subito i dieci si tolsero i loro ponchos e si sistemarono lungo il falò simulando un passaggio. Non c’era vento. Erano cinque su ogni lato. Il maestro si tolse i sandali, si mise ad uno degli estremi e fece un segno perché io mi mettessi all’estremo opposto.

– Togliti le scarpe! – fu l’ordine, come sempre amorevole, ma ordine...

Sospettavo già quello che sarebbe successo!... il maestro “cam-minò” (se così si può chiamare ciò che fece) sulle braci che non

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ardevano soltanto, ma avevano alte fiamme! Pensai che i suoi indumenti si sarebbero bruciati, oltretutto camminava lentamen-te... arrivò dov’ero io, i suoi piedi come se non fossero passati sul fuoco e i suoi vestiti non erano bruciacchiati. Egli non dava nessun segno di dolore... Si fermò al mio fianco, era molto alto! Mi sembrò un gigante. In realtà era un gigante!

– Siamo morti molte volte e dobbiamo progredire senza mo-rire! – disse indicandomi il fuoco che sembrava avere fiamme ancora più alte.

– Attraversa fino all’altro lato! Questa è la tua iniziazione al fuoco! Inoltre è la tua prova del fuoco. Tuttavia la Verità del Fuoco Sacro... la troverai nel tuo petto... è lì dove arde...

Non pensai a niente, agii automaticamente e nel momento in cui misi il piede destro sopra le braci – senza nemmeno guardare sentii calore – le sue braccia mi alzarono allontanandomi dal fuoco...

– Non mettiamo alla prova il tuo valore (coraggio) – disse – ma la tua saggezza... Non dimostrare di essere coraggioso ma intelli-gente... Tutto ciò che hai imparato finora che serva per qualcosa di costruttivo, non perché ti ammazzi (l’audacia non è sempre buona)... Che la saggezza serva a vincere gli ostacoli... non a morire, come l’amore serva ad amare e non a morire per paura di amare, rifiutan-dolo... Ti ho insegnato tutto ciò che sai... non tutto ciò che io so... Quindi ascolta quello che ti dico ora... le cellule del tuo corpo hanno coscienza di essere una parte molto importante della manifestazione della Vita sulla terra, cioè sono state create per manifestare il buo-no, il bello e mantenere costantemente l’equilibrio della tua salute. Ma la personalità si è impadronita di tutto il corpo e lo usa a suo piacimento, quindi scompare la salute... Si è persa una conoscenza che ci fu lasciata da una umanità molto antica (i muriani). Dobbiamo recuperare la notte perché l’oscurità scompaia dalla nostra vita e torni la luce. Tuttavia, non bisogna dimenticare che l’oscurità dentro la nostra oscurità, è il sentiero della comprensione...

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– In ogni cellula del nostro corpo (fece un movimento a spi-rale con la mano, la spirale del DNA!) c’è la forza dell’Energia di Inti (Energia Solare). Questa è l’energia che abbiamo ereditato (eredità genetica) e che è luce (stava parlando della nostra origine luminica!). Bisogna entrare in armonia con il fuoco per mezzo di questa luce... L’uomo nasce fuoco... deve trasformarsi in luce (trasmutazione?)...

Sentii un torpore molto speciale, il maestro continuava a par-lare, due persone vicino a me mi presero delicatamente per le braccia, allora ebbi una sensazione di capogiro e le gambe non mi sostenevano più stabilmente. Il Maestro parlava, ma dentro di me ...! ciò che diceva era molto comprensibile per me... Credo che con la sua Parola mi portasse in altre dimensioni... Il mio corpo iniziò a muoversi, non so se camminavo, avevo gli occhi socchiusi. Non stavo dormendo ma non ero nemmeno del tutto sveglio, tuttavia mi rendevo conto di essere sul fuoco. Non so quanto tempo trascorse, ma sicuramente varie ore. Quando tor-nai ad essere più cosciente, mi trovavo all’altro lato del falò, il maestro al mio fianco continuava a parlare... Quando lo guardai... tacque... sorrise... e mi abbracciò fortemente.

– L’hai fatto bene!... Questo, che è stato simbolico (simbolico?) deve tradursi in azione, non limitarti a dare lezioni su ciò che co-nosci, devi vivere per trasformare te stesso in insegnamento... Sii buono con i buoni e anche con i malvagi devi essere buono, questa è la tua reale prova, perché la vita è Amore, Bontà. Sarà un insegna-mento per te stesso, essere buono con tutti... e non c’è bisogno di testimoni per questa azione... la Verità sarà il tuo testimone... Amare è insegnare sempre... fino alla fine, senza tempo... Ma che sia ben chiaro: non significa che tu debba simpatizzare con il delinquente, bensì desiderare per lui tutto il bene possibile per un cambiamento di atteggiamento, per superare le sue azioni negative, per arrivare ad essere un uomo di bene. Non puoi trasformarti in un tappeto che tutto il mondo calpesta... né accettare imposizioni o maltrattamenti.

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– Se non siamo noi a cambiare atteggiamento, come possiamo pretendere che il mondo cambi?... Se i nostri propositi sono buoni ma rimangono semplicemente “buoni propositi”, come non aspet-tarci difficoltà, ostacoli nelle nostre vite? Non possiamo pretendere di raccogliere nello stesso tempo in cui seminiamo... Come colui che non si decide mai a fare niente, ma aspetta i risultati... Se non abbiamo fede, né sogni e non ci mettiamo impegno, perché ci lamentiamo che il mondo è cattivo, freddo, senza amore? Al contrario, se proviamo odio, gelosia, rancore, invidia, il male si impadronirà del nostro cuore, come non soffrire, quindi, e condurre una vita amara?... (qualcuno disse: se hai la febbre non dare la colpa al termometro...).

Il maestro tacque, guardò le stelle e disse:

– Ritorniamo, è già tardi e fra poco farà giorno...

Si mise il poncho, tutti gli altri lo imitarono e ci incamminammo lentamente e in silenzio sulla via del ritorno. Arrivammo alla casa quando iniziava ad albeggiare. Mentre facevamo colazione, il re degli astri ci illuminò. Il maestro Amaru alzò con entrambe le mani la brocca, che conteneva un mate molto caldo, come offerta a Inti (sole). Tutti lo imitarono e ci mettemmo di fianco a lui. Non so cosa stesse dicendo, aveva gli occhi chiusi, sicuramente meditava. Io ringraziai con molta emozione, per la grande opportunità di ascoltare il maestro e vivere con lui una cerimonia senza uguali e tanto importante per me, nientemeno che sul Lago Sacro e in quella bella isola.

Terminato di fare colazione, ringraziammo la famiglia per le attenzioni ricevute e partimmo verso il molo dell’isola, dove già ci attendeva la lancia per ritornare a Puno. I dieci che erano stati con noi durante la notte ci aspettavano al molo. Restituii forte-mente e con molto affetto gli abbracci “di tradizione” che diedero al maestro e poi a me, ringraziandoli per la loro partecipazione ed il loro aiuto. La barca partì e fino a quando furono visibili ci

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seguirono augurandoci buon viaggio, salutando con le mani in alto. Il maestro li guardava con un leggero sorriso e alzava le braccia di tanto in tanto, contraccambiando quel gesto. Io facevo la stessa cosa, in risposta ai miei fratelli che con tanta generosità ci avevano accompagnato e aiutato. Ci allontanavamo sempre di più da Amantanì, non li si vedeva già quasi più.

– Alza per l’ultima volta le braccia e congedati – mi disse il maestro – non li vedrai più.

– Perché, Amaru – dissi – non posso ritornare di nuovo ad Amantanì?

– Credo che tu abbia dimenticato. Per ora sei l’unico che co-nosce la nostra tradizione! Se torni, puoi farlo, ma nessuno appa-rirà a riceverti e nemmeno li incontrerai... abbiamo un impegno. Soltanto tramite la tua intermediazione si conoscerà tutto quello che vedi e ascolti su di noi (la Cosmovisione Andina). Tornerai ad Amantanì in altre occasioni, ma non pretendere di entrare in contatto con i tuoi fratelli... tutti ti vogliamo bene (anch’io li amo profondamente) ma dobbiamo stare attenti, altrimenti non ci lascerebbero vivere in pace, sembreremmo esseri strani (e lo sono davvero!). Arriverà il momento in cui l’uomo recupererà le sue reali forze (poteri, facoltà?) e sarà capace di comprendere opportunamente ciò che la Vita ci dà (come doni) e non vedrà più come strani alcuni nostri atteggiamenti (effettivamente è ancora difficile accettare, pur vedendo e vivendo, come mi capita, ciò che sono questi esseri tanto speciali...).

Quando mi voltai a guardare l’isola non c’era più e sentii un poco di tristezza. Compresi la prudenza del maestro e non feci altri commenti. Lo abbracciai con tutto il mio amore, lui corri-spose. Respirai profondamente e ci sedemmo. Avevamo parecchie ore davanti a noi.

Ad un certo punto, come cambiando argomento e a voce alta, perché il motorino della barca faceva molto rumore, il maestro disse:

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– Abbiamo detto che il trionfo consiste nel superare i pro-blemi, gli ostacoli. Senza queste difficoltà tutti possono arrivare alla meta e ciò non avrebbe alcun merito. Inoltre, bisogna ricordare che questi errori che facciamo nella vita, sono la migliore dimo-strazione che siamo sul corretto sentiero verso Inti (Dio). Tutti i problemi personali si possono risolvere. Richiedono un trattamento spirituale, con attività appropriata, perseverante. I nostri pensieri danno forma al mondo che costruiamo, cioè creiamo il nostro mondo personale in accordo ai nostri pensieri. Se i nostri pensieri sono positivi, le condizioni che si sviluppano saranno positive. Se pensiamo negativamente, le conseguenze saranno negative finché non le correggiamo. Quindi, dobbiamo controllare adeguatamente i nostri stati mentali senza accettare le difficoltà, che possono essere malattie o altri problemi, come irrisolvibili. Siamo noi a creare la realtà che ci circonda, buona o cattiva. L’effetto sarà la conseguenza di ciò che facciamo, siamo felici perché stiamo bene? No, stiamo bene, perché siamo felici!

– Se fingiamo di fare delle cose o semplicemente parliamo delle cose che diciamo di star facendo, o viviamo di apparenze, non stiamo agendo correttamente... e peggio, ci stiamo ingannando.

– L’uomo è conosciuto per ciò che fa oggi. L’oggi è la cosa più importante. È assurdo vivere pensando agli errori del passato. Chiunque può vedere il suo passato immediato, ma ciò che real-mente ha valore è anticipare le cose con saggezza...

– Se persiste un pensiero che disturba, cercane un altro (so-stituirlo?) e cambialo in qualcosa di più positivo, più costruttivo, senza lottare (senza combatterlo?). Se insiste, cerca una persona con cui conversare decisamente di altri argomenti completamente diversi. Non accettarlo più, ma non affrontarlo neanche, finché non sei sicuro e hai recuperato fiducia, allora guardalo (affrontalo) con tutta calma per farlo definitivamente sparire dalla tua vita. Cioè opterai per un atteggiamento più tranquillo. Sai che il lavoro

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mentale esige calma, tranquillità, senza forzare i risultati, perché se ti fai pressione non otterrai dei buoni risultati. È il contrario di ciò che succede nell’attività fisica, dove con maggiori sforzi anche il risultato sarà maggiore... (Le leggi fisiche sono diverse da quelle spirituali – pensai).

– È così – mi rispose il maestro. – Se fai pressioni sulla men-te, essa inizierà a lavorare male, perderà la sua creatività e non risulterà nulla di buono (bisogna stare rilassati e senza fretta). Sì, senza pressioni, senza tensioni troverai quello che sinceramente stai cercando.

– Nella tua testa (il subcosciente) quando l’ordine è dato op-portunamente, viene accettato. Il subcosciente – confermò – accetta e inizia a lavorare perché l’ordine si realizzi. Esso usa tutto ciò che è stato accumulato come informazione, che generalmente di-mentichiamo (non è più cosciente) ma che è ancora lì. Abbiamo poteri che non utilizziamo mai. Il subcosciente lavora senza fretta (il lavoro mentale è così), può realizzare rapidamente, ritardare un po’ di più o necessitare di maggior tempo. In tutti i modi l’idea (l’ordine) si compirà, buona o cattiva che sia, se è buona produrrà salute, successo, e se è cattiva porterà malattie, problemi, errori, ecc... L’importante è che il subcosciente approvi l’ordine e lo esegua.

– È tutta una questione di pratica, bisogna iniziare. Con la pra-tica facciamo esperienza e con l’esperienza possiamo arrivare alla perfezione... Il pensiero è sempre composto dalla conoscenza e dal sentimento. Così si ottiene un equilibrio. Il risultato è molto freddo, per buono che sia, se c’è molta conoscenza e poco sentimento. È preferibile che esista più sentimento che conoscenza, questo darà al risultato più calore, più forza e potere. Il sentimento è sempre magico e si avvicina alla Verità (senza arrivare all’ossessione, è bene pensare regolarmente in ciò che uno crede perché si realizzi).

– È così – rispose il maestro. – Se non hai l’idea fissa, senza però pressione, ogni giorno che passa l’intenzione si

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va raffreddando, fino a sparire dalla tua testa. È bene mettere impegno reale in tutto ciò che facciamo e vogliamo e se, nono-stante questo sforzo non otteniamo quello che stiamo cercando, è importante pensare che il tempo impiegato non è perduto, al contrario, lo viviamo pienamente con l’intenzione di qualcosa che consideriamo sinceramente positivo. Otterremo sempre un insegnamento, sarà un’esperienza, servirà come riflessione sul cammino in cerca della felicità... Dobbiamo interessarci noi a ciò che facciamo, a chi importa se no? Vedere con rispetto le nostre azioni, confidando in esse. La conoscenza da sola non ci avvicina alla Verità... bisogna agire... agire con fede... la fede è potere, è magia, i maghi vivono la fede. La fede non è semplicemente accettare credenze...

Mentre “camminavo” sul fuoco avevo fede, c’era un potere sconosciuto in me e le parole del maestro, che furono decisive per la mia condotta... non ricordo altro – pensai in quel momento.

– Hai iniziato a fare passi sul fuoco nel momento in cui si è manifestata la fede in te! – disse il maestro come sempre ri-spondendo a ciò che non avevo detto. Quanto c’è da imparare! – pensai.

– È necessario imparare prima, per poi insegnare. Imparare è fare, agire (colui che vuole essere un buon discepolo, bisogna che impari prima di tutto a fare. Se vuoi arrivare alla Montagna Sacra... segui i passi del Maestro, disse qualcuno...).

– Se iniziamo davvero a camminare, troveremo dei fratelli maggiori che ci guideranno – annotò il maestro (io li ho già incontrati, dissi a voce bassa). Mi guardò, sorrise e commentò... – Stiamo arrivando al molo dell’hotel.

Il ritorno mi era sembrato più breve. Il maestro parla di aspetti della vita tanto importanti che è necessario stare molto attenti per non perdere validissimi concetti. Non ero ancora uscito dal mio stupore per tutti gli avvenimenti delle ultime ore, che mi

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sembravano incredibili... Forse è stato un sogno, pensavo prima di scendere dalla barca, che purtroppo si stava già fermando, quando il maestro disse:

– Devi scendere qui. Non hai sognato, ma è meglio che tu rifletta su ciò che hai sentito e vissuto. Nel prossimo futuro avrai bisogno che il concetto del fuoco ti sia ben chiaro. Ci “vedremo” stasera...

Negli ultimi decenni vivo eventi tanto belli, trascendentali e strani, grazie a questi contatti con gente specialissima, direi vir-tuosa, di molto rispetto, che niente dovrebbe più sorprendermi. Tuttavia, ogni volta che ho l’onore della presenza dei miei maestri e di prendere parte a cerimonie interessanti e uniche per la mia vita, sento che sto sognando... da sveglio!

Lo abbracciai di nuovo, con molto affetto e saltai sul molo, egli proseguì in barca, sicuramente fino al porto di Puno. Ci “saremmo visti” in serata, era mezzogiorno, il sole si trovava allo zenit.

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4. VOLeRe È POTeRe

Il pomeriggio trascorse tranquillamente. Dalla mia stanza guardavo il Lago Sacro, verso nord, più o meno nella direzione nella quale supponevo fosse la bella isola di Amantanì. “Mi trasferii” fino ad essa e tornai a ripercorrerne i sentierini, vidi gente che lavorava la terra, bambini che giocavano dappertut-to, donne che portavano spuntini ed io che sognavo di tornare di nuovo... Tornerò sicuramente, ma non vedrò nessun viso conosciuto... forse troverò il posto dove si svolse l’incredibile rituale, accompagnato dal Taki (canto) che intonavano quei dieci... mentre il maestro parlava...

Ricordai la cerimonia, iniziai a viverla un’altra volta... I colpi rimbombarono nella mia testa! Ebbi l’impressione di cadere... Era il mio caro maestro Amaru, l’Illac Uma Vivente... chi altri poteva essere? In quel momento mi resi conto che la notte era giunta, erano le otto di sera.

– Sono le otto! Stavi ricordando? Volando? – chiese il maestro, credo che stesse scherzando.

– Sì, Amaru – “dissi” – è stato molto bello e importante per me. Continuo a pensare di non meritare tanto sostegno per la mia vita e tanta bontà da parte vostra... Grazie Maestro.

– Per ora smetti di ricordare quegli eventi così preziosi per la tua vita di studente. Sarai sempre uno studente e spero che tu non smetta mai di esserlo, sarebbe un male per te.

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Naturalmente Amaru – pensai – non smetterò mai di impara-re. Grazie per quello che mi è stato dato e per tutto quello che continuate a darmi. Non smetterò mai di essere vostro discepolo.

– Tutto ciò che hai imparato fin da bambino e in gioventù, ora che sei grande devi metterlo in pratica, perché sia un atteggia-mento davvero positivo; non sarà possibile nella grandezza che desideriamo se non c’è VOLONTÀ, cioè, fare qualcosa o non farlo, secondo i casi, con energia e disposizione a realizzarlo.

– È necessaria dunque disciplina, perché la volontà obbedisca. Se non sai obbedire, non saprai nemmeno comandare... Bisogna prima di tutto disciplinare la volontà (gli psicologi dicono che la volontà è una potenza dello spirito, regge la condotta della persona, buona o cattiva, in accordo alla sua educazione, e anche il suo successo o fallimento. È una forza animica che può migliorare con l’esercizio, come succede fisicamente con i muscoli).

– Effettivamente, tutti abbiamo gli stessi muscoli (la stessa anatomia) – continuò il maestro. – La differenza è che alcuni sono più forti di altri, grazie al lavoro che sviluppano sia con l’attività quotidiana che con gli esercizi (ginnastica, gli sport in generale) fatti con disciplina. Pertanto, durante l’educazione la volontà dovrà agire con obbedienza alle regole stabilite, che dovranno orientarla sempre verso il bene. Quindi il potere della volontà nell’uomo dipenderà dall’obbedienza, nella sua infanzia e nella gioventù, ai suoi genitori, ai maestri o ai superiori. Obbedendo, imparerà egli stesso a comandare e ciò tornerà a suo beneficio. Volere è potere diventerà una realtà in lui, perché avrà identificato che il “volere” si trasforma in “potere”, è una forza che trasformerà, con vigore e dinamismo, il pensiero in azione. In queste circostanze, la volontà agisce perché ha la conoscenza. Ciò significa che se non c’è la conoscenza di come agire, il “volere è potere” non funzionerà... Mi capisci?

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– Credo di si maestro – risposi. – Perché il volere si trasformi in potere, deve esserci prima di tutto la conoscenza di ciò che si vuole e che ci porta poi ad agire.

– Molto bene – disse il maestro. – Non dimentichiamo quindi che noi, come Inti (spirito) che siamo, abbiamo tre poteri o tre facoltà o potenzialità, che sono: conoscenza, volontà e azione. Perché la nostra vita sia un felice successo, queste devono essere presenti contemporaneamente. Interviene poi l’educazione che le conferma, le rafforza nel tempo, finché raggiungono la loro maturità ed efficienza e possono poi essere utilizzate opportunamente.

– L’educazione globale dell’uomo considera quindi tre parti:• La volontà, che dipenderà dall’educazione,• La conoscenza che dipenderà dall’aspetto intellettuale, • L’azione (agire) che dipenderà dall’aspetto fisico.Questi tre aspetti diversi dell’educazione integrale devono

armonizzarsi (essere interdipendenti?), collaborando insieme per lo stesso scopo e non separatamente, senza relazione. Per avere successo, devono agire uniti. Nei popoli avanzati (paesi all’avan-guardia), “educati” (civilizzati), gli uomini che sanno pensare (che riflettono?) sono preoccupati per la loro gente (rilassamento morale) che è diventata egoista, violenta e che odia. Il valore della vita si è abbassato al livello più insignificante.

Pensai alla cecità dei governanti di turno, che non hanno capa-cità, alle leggi che nessuno rispetta, che esistono solo sulla carta e per essere menzionate in declamazioni pubbliche, alla gente che si arricchisce alle spalle di altri. Mancano l’integrità e l’onestà dei grandi uomini, che meritatamente occupano un posto speciale nella storia dell’umanità.

– La mancanza di rispetto ai genitori, l’autorità paterna non esiste più (disobbedienza nei loro confronti)... – sottolineò il maestro.

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– Gli anziani non li si considera nemmeno (disprezzo verso coloro che, per quanto hanno camminato, sono diventati saggi...). Non si vogliono responsabilità, solo divertimenti. Di chi è o di che cosa è la colpa? A volte l’uomo pensa che la causa sia nella mancanza di credenze religiose. Forse le religioni non convincono più (stanno perdendo il loro ascendente? Non esiste più la tanto menzionata fede del passato? Credo che la colpa sia di chi doveva educare l’attuale generazione).

– La colpa è di tutti – disse il maestro – chi più, chi meno...

– Il volere è conseguenza della volontà e questa può migliorare (è suscettibile di miglioramento), è una forza come quella musco-lare e può aumentare con l’esercizio (in grandezza e intensità). Cioè la si può educare perché abbia il massimo dell’efficacia. Questa educazione si deve realizzare in tre momenti importanti (tre tappe), quando si è bambini (infanzia), quando si smette di essere bambini (pubertà) e durante la giovinezza.

– I bambini devono imparare prima di tutto la disciplina per obbedire. Questa (qualità) si deve rafforzare durante l’educazione nell’infanzia, cioè l’obbedienza è basilare perché nel bambino si formi l’abitudine a fare il proprio dovere. Per nessun motivo il bambino deve non fare quello che gli si comanda o fare quello che gli si proibisce, perché se glielo si permette (accondiscenden-za) o si tollera, ad un certo punto non obbedirà più (si debilita l’ascendente dell’educatore) e colui che vuole educare diventerà schiavo dei capricci del bambino (la condiscendenza è il punto debole dei genitori, che espongono a molti rischi “la volontà” dei propri figli per non averli disciplinati con energia). A quel punto compaiono le risposte del “non voglio” o “non ne ho voglia” (ecc...) o semplicemente in forma tranquilla (reazione passiva), ma con la “malavoglia” (che tutti conosciamo) tipica dei bambini. Non si devono accettare questi atteggiamenti (tollerare) nemmeno una sola volta, altrimenti iniziamo ad ingannarci con la speranza

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che poi si correggerà con il tempo, che è ancora molto piccolo... e “il piccolino”, con la sua resistenza, poco a poco guadagnerà terreno, finché i genitori non avranno più alcuna autorità (avranno perso il loro ascendente).

Guardando la storia dei grandi uomini, si osserva la premura, soprattutto delle madri, nell’educazione molto stretta dei propri figli, tale da non consentire alcun capriccio. Li educavano sempre alle buone azioni, lontano da quelle cattive, finché si abituavano. Così alcuni ottennero successo materiale, altri la gioia spirituale del servizio e il buon vivere nelle proprie vite.

– Tutto deve realizzarsi entro i limiti dell’equilibrio, nessun estremo è buono, l’abbiamo già detto varie volte (sì, certo che ricordo, “gli estremi fanno danno”). Quindi, l’obbedienza che stia-mo cercando (insegnando) non deve essere cieca, all’estremo, che faccia danno (non deve violare o atrofizzare la sua volontà) ma è necessario che il bambino sappia che ciò che gli si sta ordinando è conveniente per lui, cioè è vantaggioso, buono, non è un capriccio o rabbia o abuso di autorità, perché se si produce un’ingiustizia o è una misura inopportuna, la conseguenza sarà in tutti i modi la disobbedienza. Occorre saper comandare con responsabilità.

– Se la volontà è stata disciplinata per mezzo dell’obbedienza, sarà più facile entrare nel secondo momento (tappa della puber-tà). In questa fase si concede qualcosa alla libertà del ragazzo, cercando in questo modo il senso di responsabilità, perché non sia un automa. Bisogna guidare, non sottomettere! L’adempimento del dovere dovrà trasformarsi in abitudine, perché aver compiuto il proprio dovere senza aspettarsi un premio (ricompensa) sia una soddisfazione interiore (i premi e i castighi non hanno mai formato il carattere, né garantito la volontà...).

– Dopo questa formazione, il ragazzo deve abituarsi anche ad agire da solo, accompagnato dalla conoscenza che lo aiuterà a superarsi (in questo modo si stimola la sua iniziativa). Gli usi e

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le abitudini (e gli altri processi che reggono la sua condotta) sono quindi conseguenza dell’educazione della volontà. Così come la ricerca della verità per allontanarci dall’errore ha bisogno della comprensione, che è lo scopo dell’educazione intellettuale, e l’edu-cazione fisica rafforza il corpo perché non si debiliti, l’educazione morale esercita la volontà nella pratica del bene allontanandoci dal male. Non solo è necessario essere forte e saggio ma anche fondamentalmente buono... La disciplina che si insegna nell’in-fanzia e l’orientamento che si dà durante l’adolescenza, daranno alla volontà dell’uomo la forza sufficiente perché trionfi nella vita (forza che dovrà essere applicata ad un punto d’azione, secondo le proprie conoscenze, altrimenti non servirà...).

– La volontà è superiore al desiderio nella sua dinamica, quindi l’educazione è indispensabile per ottenere ciò che vogliamo, perché assicura il rafforzarsi della volontà sul desiderio. E se la finalità è nobile, quella volontà ferma raggiungerà il trionfo.

– Le facoltà intellettuali, soprattutto l’attenzione, devono ac-compagnare l’esercizio della volontà. L’attenzione attrae l’interesse e l’interesse sollecita la volontà. Un altro aspetto importante è dare il reale valore alle cose (discernimento?), distinguendo opportunamente una cosa dall’altra, senza attribuire loro più valore di quello che hanno per un vantaggio personale, né sot-tovalutarle quando possono colpire i nostri interessi. Quando la volontà è radicata correttamente, come si osserva nella vita dei grandi uomini di tutto il mondo (uomini celebri), essa modella il carattere delle persone, dando senso e direzione alle loro vite. Cioè dare direzione alla volontà nel senso della giustizia, della verità, del bene, della bellezza, dell’armonia, per aiutare con i propri sforzi (mai impigrirsi) il miglioramento dell’umanità (il maestro si riferiva sempre a coloro che ebbero atteggiamenti positivi per il miglioramento del pianeta e non a coloro dalla volontà ferrea che però hanno fatto e fanno tuttora danno a tutta la natura e all’uomo stesso).

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– La natura continua a darci delle conoscenze nelle sue lezioni quotidiane. Se prestiamo la giusta attenzione ai minimi dettagli, dei quali molte volte non ci rendiamo neppure conto, notiamo, ad esempio, che gli alberi, ognuno individualmente, sono diversi uno dall’altro per qualche caratteristica particolare (la loro costi-tuzione?) pur essendo uguali (della stessa specie o famiglia). Lo stesso accade ad ogni uomo, quando arriva (nasce) è dotato di qualità (facoltà, attitudini) che sviluppa attraverso l’educazione, o sono sue (innate), che costituiranno il suo carattere e identifi-cheranno il suo destino. In qualcuno si manifestano molto presto nell’infanzia, in altri più tardi nell’adolescenza e in alcuni non compaiono (restano latenti) fino a quando non accade qualcosa di speciale nelle loro vite (straordinario o d’impatto?). In ogni modo dipende tutto dalla volontà, che a seconda della propria condizio-ne si manifesterà in varie forme: come ambizione, perseveranza, insistenza, costanza, ansia, ecc... (come diceva qualcuno: “sono stati allotropici del Volere”...).

– La volontà dà fiducia in se stessi. Chi ha volontà si fa strada con totale sicurezza, è deciso e gli ostacoli iniziano a scomparire dal suo cammino (chi dice che non può fare qualcosa, è perduto – pensai).

– No! non è perduto – “mi rispose” il maestro. – Però niente lo aiuterà perché possa farlo (cioè, non c’è scienza, né arte, né niente che possa collaborare con lui... se dice che non può). Al contrario, niente vincerà l’uomo forte che sa ciò che vuole, con-fida nelle sue conoscenze e nella sua VOLONTÀ (non lo toccano il ridicolo, né la calunnia o le diatribe).

– Perché la volontà agisca con efficacia è necessario ascol-tare la voce della coscienza e considerare il luogo e il tempo. Non dare ascolto ai fischi, né entusiasmarsi per gli applausi. (La Bhagavad Gita lo dice molto chiaramente: “ci si deve mantenere inalterabili davanti all’amico e davanti al nemico, nell’ignoranza e

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nella fama, nel dolore e nella felicità, nell’insulto e nella lode”...). Quindi niente lo distoglierà, né la povertà, né le delusioni, né i dolori o altri ostacoli. Continuerà ad andare avanti con gli occhi puntati ai suoi ideali...

Che insegnamenti belli e profondi dà il maestro! – riflettevo... Ma non lo sentii più, credo “che se ne fosse andato” ... a domani.

E arrivò la notte del giorno seguente, alla stessa ora, con il suo

mistero... come i giorni precedenti. Mistero che non mi sembrava più così strano... Ero completamente allucinato!...

– Se osserviamo – iniziò il maestro – i profondi cambiamenti di idee della società nel corso del tempo, vediamo che ciò che ieri veniva rifiutato violentemente come un errore madornale e ciò che era considerato tradimento, portavano al patibolo o all’eresia che mandava al rogo, oggi viene invece accettato come un’impresa eroica o elevato a santità... La vita ce lo dimostra ogni giorno. Questa riflessione ci serve per comprendere la stretta relazione che esiste tra la volontà e la vocazione... (Forse ne è un buon esempio Giovanna d’Arco, la cui volontà e vocazione la portarono al trionfo nella guerra che il suo paese natale, la Francia, combat-teva con l’Inghilterra. Tuttavia, alla fine dei suoi giorni disobbedì “alle voci che da sempre le avevano parlato” e finì purtroppo al rogo. Trionfò “obbedendo” agli ordini di certi “angeli” e cadde per avergli disobbedito... La vocazione al servizio e la volontà ferrea che mantennero nelle proprie missioni, fece vedere ai grandi uomini come essi fossero destinati a imprese grandi come loro. È il caso di Abramo Lincoln, Giovanna d’Arco, Napoleone, Thomas Alva Edison e altri).

– Sono buoni esempi! – proseguì il maestro. – Ma non bisogna dimenticare che dobbiamo trarre una lezione da quella gente, che sicuramente sarà molto vantaggiosa per coloro che stanno inizian-do il cammino della vita. Tutti veniamo al mondo, il più grande

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come il più piccolo, con una determinata opera da realizzare, per piccola che sia. Il trionfo (successo) non è dato dalla grandezza dell’opera, bensì dalla realizzazione di ciò che ci eravamo proposti. Forse non sentiamo chiaramente come quella ragazza (Giovanna d’Arco) “la voce che ci parla”. Se prestiamo la giusta attenzione magari si manifesta dentro di noi, o la nostra vocazione ci da l’impulso incontenibile a dirigere la nostra attività in un certo senso (Montagne giustamente diceva, riferendosi a questo: “ognuno sente dentro di sé un’improvvisa e veemente inclinazione, io stesso ho avuto impulsi di convinzione o dissuasione simili a quelli di Socrate, ed ho obbedito loro in modo tanto vantaggioso e felice, come se avessero avuto qualcosa di ispirazione divina”. Socrate, famoso filosofo greco, chiamava il suo “demonio” perché lo aiu-tasse – demonio deriva da daimon che significa “genio” e non come intendiamo letteralmente demonio – ... In realtà quello che sentiva non era quella “voce” che altri ascoltano, bensì l’impulso della sua volontà).

– Era un grande uomo! – affermò il maestro. – Non dobbiamo confondere l’interesse o l’entusiasmo passeggero con la vera vo-cazione, né gli interessi egoistici con i propositi onesti che hanno coscienza morale. Ci sono persone che cercano in una professione o in una occupazione ben remunerata benefici unicamente mate-riali. Questo succede quando non c’è una buona educazione. In questo modo possiamo vedere la stretta relazione che esiste tra una volontà ben educata e la professione ben scelta, per ottenere il vero successo come persona che vuole essere pienamente felice. Nell’infanzia e dopo (nella pubertà), dovranno essere rafforzate le buone qualità e le nobili attitudini con un’educazione adeguata, perché quella voce interiore, la vocazione, non spinga a scegliere un’occupazione negativa. L’educazione sarà basilare per evitare la superbia. Se la volontà è stata continuamente abituata alla pratica del bene, non potrà rimanere in luoghi dove non si respira una buona aria (contaminata da energie negative). Pur ottenendo invi-

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diabili guadagni, la pesantezza dell’anima, il nervosismo (stress, acciacchi fisici, ecc...), le disgrazie familiari (visibili o no), il degrado dei figli o infine il rimorso di una coscienza che c’è ma è addormentata, lo obbligheranno (se così si può dire) ad una riflessione e a riprendere il buon cammino.

– È necessario ricordare al giovane che non è venuto sulla terra perché la terra lo serva, bensì per servire il mondo, applicando le proprie facoltà adeguatamente perché rendano al meglio, e che non si lasci traviare dalle lusinghe o promesse di migliori guadagni. Se la sua vocazione è ferma ed è diretta dalla coscienza, il successo sarà assicurato. Se la sua finalità è egoista, sarà un fallimento. Molte volte pensiamo che il successo consista nell’accumulare guadagni, in tal caso il “successo” sarà un inganno (un’illusione), la realtà sarà un fallimento e la sua responsabilità sarà maggiore se ottenuto a spese di altri e non molto limpidamente. Non è buono accumulare denaro con azioni cattive, per quanto sia nascosto dietro un manto di rispettabilità mondana. Quindi bisogna agire sempre in accordo con Inti (che siamo) – quella voce interiore che a volte si lascia ascoltare, pensai.

– Il fatto è che sei sordo! Parla in continuazione – rispose Amaru – ma la personalità educata male non permette la mani-festazione della persona (inti – spirito). Tuttavia, nelle situazioni critiche della vita si farà sentire alle nostre orecchie, indicandoci ciò che va bene o quello che dobbiamo fare. Bisogna obbedirle, sebbene apparentemente ci possa causare qualche danno materiale. L’obbedienza farà in modo che tutte le Leggi della Vita accorrano sempre in nostro aiuto, questo è il piano di Inti (Dio): l’armonia universale.

– Quando un giovane sbaglia occupazione e la coscienza inizia a disturbarlo o semplicemente si sente a disagio con essa, è perché la sua natura, che ha altri principi, è dispiaciuta e sarà difficile per lui continuare fingendo armonia quando sta per perderla. La pressione sarà tanto grande che deciderà, ad un certo punto, di

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cambiare, pur considerando le conseguenze economiche o sociali (che a molti preoccupano troppo). Il guadagno sarà incalcolabile, la sua autostima aumenterà dandogli più fiducia e stima di se stesso, grazie al senso di aver trionfato e da perdente si trasformerà in vincente... andando oltre l’egoismo.

– La vocazione chiara, trasparente, è come una bussola, ci indica sempre il nord... benché l’avidità o l’opportunismo la muovano in altri sensi (punti cardinali?), l’ago ci segnerà sempre il nord, e in questo caso l’ago rappresenta la tua vocazione. Dobbiamo quindi concentrare tutte le energie del nostro essere perché l’obiettivo principale della vita sia la realizzazione della vocazione, senza arrivare all’estremismo (fanatismo) di incasellarci in essa (gli estremi fanno danno), dimenticando o separandoci dall’ambiente sociale nel quale ci muoviamo. Il pensiero è l’energia unica e potente. Se lo usiamo opportunamente per garantire, affermare le nostre facoltà di Volere, Conoscere e Potere, tutto si trasformerà in positivo, nonostante l’ambiente sfavorevole.

– Ci sono settori dell’umanità che credono che tutto ciò che succede all’uomo sia già scritto (fatalisti?). Cioè saremmo sog-getti alla decisione di un destino fatale, di cui non conosciamo l’origine, sicuramente superiore a noi e più antico, che ha deciso le condizioni di vita per l’Essere che siamo (Inti – spirito). Senza darci alcuna spiegazione ci avrebbe portato qui, a suo gusto, per vivere una vita che non abbiamo mai richiesto e ci ha lasciato in questo mondo dove arriviamo piangendo e dal quale pochi se ne vanno ridendo... A cosa servirebbe dunque, la nostra volontà? E il nostro libero arbitrio? Siamo automi?...

– Più di una religione sostiene in qualche modo quello che abbiamo appena detto. Generalmente gli insegnamenti ricevuti non sono assimilati, i sermoni sentiti non sono ascoltati e meno ancora compresi. Si crede nella buona o cattiva sorte, secondo i segni del destino, senza che intervenga la volontà, benché essa sia molto potente... (effettivamente, questa credenza era molto forte e

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radicata tra i popoli del Medioevo, epoca nella quale principi, re, governanti, e anche intellettuali e militari, non realizzavano le loro guerre, imprese o attività in genere, senza prima aver consultato sul proprio destino un mago o un’indovina).

– Se il fatalismo fosse predestinazione dei nostri atti, non ci sarebbe motivo che la volontà si sforzasse di evitare l’epilogo finale degli avvenimenti nelle nostre vite, stabiliti in anticipo, la libertà (il libero arbitrio), la responsabilità, le leggi, sarebbero di troppo. Nessuno sarebbe responsabile delle proprie azioni, poiché tutto è predestinato. – Pericoloso! – pensai.

– Effettivamente, è molto pericoloso e delicato – disse il maestro continuando la sua spiegazione tanto semplice e chiara. I maestri sono così, parlano con totale trasparenza e umiltà. – Molti mes-saggi che ci sono arrivati da persone sagge del passato, non sono stati compresi in modo corretto o sono stati impiegati per interessi privati ed egoistici, confondendo (travisando) il vero senso delle loro parole. Tuttavia, qualcosa del destino si manifesta (ma non come fatalismo) nelle vicissitudini, negli ostacoli, nei problemi in genere, circostanze che fanno parte dell’ambiente di ogni persona finché dura la sua vita sulla terra, dalla culla fino alla tomba.

– Se consideriamo come verità l’evoluzione dello spirito, comprenderemo perché le circostanze sono così diverse in ciascun caso. Il fatto è che non evolviamo allo stesso modo tutti insie-me. Le nostre personalità sono diverse e le difficoltà accadranno allo stesso modo, cioè diversamente... I nostri corpi, pur essendo uguali (sul piano fisico), non reagiscono allo stesso modo, alcuni sono più muscolosi e forti, altri delicati e deboli, alti e bassi, ecc.... Questa evoluzione si realizzerà poco a poco (gradualmente) nelle sue potenzialità intellettuali ed emotive. Se così non fosse, reagiremmo tutti allo stesso modo, con la stessa volontà, intelli-genza, sensibilità, paura, amore, ecc... Siamo diversi, alcuni sono più intelligenti, altri hanno più forza di volontà, più sensibilità. Ci sono quindi grandi differenze e come reagiamo di fronte agli

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ostacoli, come affrontiamo le opportunità di crescita rispettando le Leggi della Natura, dipenderà anche dalla Volontà.

– In più di un’occasione abbiamo sentito qualche nostro fra-tello dire: “lo lascio nelle mani di Dio”, “sarà la volontà di Dio” o altre frasi simili (altra forma di fatalismo). Cioè, siccome Lui ha già stabilito e deciso tutto per noi, non possiamo ribellarci né discutere, “sarà la volontà divina”, ma non è così! E dov’è la volontà umana che cerca di migliorare? Senza dubbio stiamo interpretando in maniera errata la “volontà divina”. La volontà divina non si oppone alla volontà dell’uomo. Il nostro procedere è libero – ma dall’errata interpretazione della libertà, cominciarono anche i problemi fin dall’inizio – pensai.

– Perché sono iniziati i problemi? Semplicemente per il cat-tivo uso della libertà – “mi rispose” il maestro. – Inti (Dio), non violenta mai la volontà dell’essere umano. Ci diede Lui questa possibilità. Ci sono Leggi, come ben sai, che Dio Creatore della Vita ha dato per regolare tutto il mondo della manifestazione e una di esse è: “ciò che semini raccoglierai”, “se semini pietre non pretendere di raccogliere patate”... Purtroppo ci sono fratelli disperati che esigono risultati immediati, cioè vogliono seminare e raccogliere allo stesso tempo... Ciò non è possibile (secondo la legge di causalità, una delle tante leggi universali). Bisogna sem-plicemente adempiere alle leggi: un uso corretto del libero arbitrio con una volontà ferrea, ben guidata e formata da un’educazione adeguata, renderà sempre possibile il successo, nonostante le difficoltà che vengono ad ostacolare la nostra missione, la nostra vocazione, i nostri piani. Con il tempo è possibile ottenere tutto, con vigore e perseveranza, per questo c’è la VOLONTÀ, Voler Fare. Il nostro destino è la FELICITÀ. Siamo venuti sulla terra per essere felici (nonostante i problemi). Se opponi resistenza ad accettare le Leggi e la tua volontà non è disposta fermamente ad affrontare il destino che crei con le tue azioni, è un disastro (imminente). Inti (Dio) non è colpevole delle tue azioni, sei tu

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che fai un cattivo uso del libero arbitrio. Sia chiaro: “siamo raggi dell’unico Sole (Dio)”, quindi siamo come Lui, perfetti (questo bisogna capirlo nel modo corretto per evitare che la superbia si impossessi ancora di più di noi). La personalità si appropria del corpo quando non impariamo ad usarla correttamente e decide per noi che, come già sai, viviamo dentro di esso, proprio dove si trova il cuore, coprendolo, proteggendolo, però che tristezza! Abbiamo creato una corazza tanto spessa che anche gridando da dentro, non ci ascoltiamo... È la nostra personalità ad essere im-perfetta, come effimero è il corpo. Noi siamo immortali, stiamo oltre questo tempo e questo spazio.

– I Nostri Fratelli Maggiori (i muriani) dai quali discendiamo, riuscirono ad ottenere il controllo della personalità, con molto amore, rendendo possibile nella loro vita la felicità e il buon uso di tutte le facoltà che abbiamo (e che si concretizzano con trasparenza quando riusciamo a rendere sottili i nostri corpi, nei quali si manifesta la personalità. Ricordiamo ciò che disse il Mae-stro Gesù, al termine del Sermone della Montagna: “siate dunque anche voi perfetti, così come è perfetto il vostro Padre Celeste”. Queste parole ci ricordano la perfettibilità dell’uomo. Possiamo raggiungerla con lavoro e umiltà). Dobbiamo essere padroni di noi stessi. La nostra volontà ha totale libertà (autonomia).

– L’uomo incolto è sempre in situazione di svantaggio di fronte agli altri e se è ignorante non viene neppure considerato. La maggioranza dei giovani non pensa di potersi auto-educare, spera che ciò arrivi in altro modo e in condizioni favorevoli. Non si sforza, passano gli anni e la vita si incarica di dimostrargli la loro ignoranza su molti aspetti. Alle scuole primarie l’istruzione è incompleta, anzi insufficiente, unilaterale a seconda dei cambia-menti (cambio di governo e altri interessi politici) si fa e si disfa, per dimostrare di essere in grado di offrire un’altra “educazione più moderna e in accordo ai tempi che viviamo”... D’altra parte, l’educazione non ha limiti, dura tutta la vita, impariamo conti-

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nuamente (sono convinto che sia così e quando si dà un insegna-mento, il beneficio è comune, ne gode colui che dà come colui che lo riceve). E quanto più esercitiamo la nostra intelligenza, più rafforziamo la volontà e orientiamo meglio la nostra condotta. Da ogni parte vediamo persone adulte che hanno delle difficoltà nelle loro attività quotidiane a causa della mancanza di educazione delle facoltà naturali. Non è mai tardi per superarsi, per il perfeziona-mento individuale (in sintesi, non è mai tardi per il bene). Credo che adesso l’uomo abbia più opportunità di migliorare, avendo a disposizione molti mezzi (radio, televisione, riviste, quotidiani, conferenze, accademie, ecc...), se vuole può auto-educarsi. Per fare ciò, ha però bisogno della ferma determinazione di lottare contro l’ignoranza per non essere umiliato e vincere gli ostacoli che gli si presentano. Quindi, da questo cambiamento di atteggiamento avrà la prova che il mondo ha anche un altro aspetto, più positivo nei suoi confronti. Avrà sempre più conoscenze. Tuttavia, dobbiamo precisare che non va confuso il conoscere con il sapere (cono-sciamo le parole apprese dai molti libri letti, ma sappiamo poche cose e se non le utilizziamo nella professione o nell’attività, non hanno quell’applicazione pratica che gli conferisce validità). Se la conoscenza diventa pratica ed è utile per ciò che facciamo, il sapere si trasforma in volere e potere. L’evoluzione ci consente il perfezionamento. Questo è lo scopo e la ragione dell’esistenza. L’auto-educazione è estremamente necessaria.

– La natura è saggia e ogni giorno ci dimostra questa sua saggezza, svelandoci i suoi segreti. Dipende dall’occhio capace di guardare e vedere, dalla mente in grado di percepire, comprendere e imparare. Sono pochi quelli che sanno vedere, molti camminano per il mondo guardando tutto e non vedendo niente... (le nostre percezioni visive sono così scarse che ci sfuggono dettagli di importanza capitale). La vista educa molto bene e il cervello la utilizza per affacciarsi all’esterno e conoscere quello che c’è fuori dal cranio, così come utilizza anche gli altri sensi (l’attenzione

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continua è il talento degli inventori e la pazienza è il segreto del genio. Dall’antichità fino ad oggi, l’uomo ha sempre scrutato il cielo, ma furono e sono pochi quelli che scoprono corpi celesti che sono sempre stati lì, ma la maggioranza guardava senza vedere...).

– Così come la vista educa, può anche essere educata. Ad esempio possiamo uscire di casa per andare al lavoro e gioire di tutto ciò che vediamo nel campo visivo (parchi, strade, gente, bo-schi, ecc...) cercando di cogliere realmente i dettagli della natura, che è in tutto. Ogni giorno possiamo scoprire qualcosa di nuovo per noi che altri non vedranno mai (o chissà quando). Un altro esercizio interessante è quello di visitare un determinato luogo (museo, chiesa, tempio, mostra, resti archeologici, ecc...) insieme ad altre persone e poi commentare ciò che si è visto. Sicuramente alcuni vedranno qualcosa in più di altri. Queste ed altre pratiche ci aiuteranno ad abituarci ad osservare con attenzione ciò che ci circonda per vedere quello che altri guardano soltanto... osservando acquisiremo conoscenze preziose (più delle ricchezze materiali), stando sempre allerta nel mondo in cui camminiamo, con la mente sempre diretta verso ciò che guardiamo per vedere quello che c’è. La mente ricercatrice troverà in ogni cosa una lezione da dare e un segreto da scoprire.

– Bisogna ascoltare quelli che sanno più di noi. Ricevendo e dando impariamo, è sempre uno scambio. Ciò che riceviamo però, ha bisogno di essere assimilato, altrimenti l’educazione intellettuale non significa nulla (deve essere integrata nel nostro corpo mentale, altrimenti diventa una conoscenza senza applica-zione pratica). L’auto-educazione ha anche bisogno di aiuto, non deve sentirsi autosufficiente, ci si può sinceramente sbagliare, non avere un criterio molto chiaro, correndo il rischio di un errore maggiore, con perdita di tempo e sforzo, creando una disillusione. È conveniente richiedere il consiglio di chi conosce la propria vocazione, le proprie necessità e capacità, che suggerisca gli studi più adeguati per assicurare l’occupazione, senza trascurare

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l’educazione generale (la cultura globale, dando però priorità a ciò di cui realmente si ha bisogno come formazione primaria). L’auto-educazione si estende naturalmente anche ad altre aree del sapere umano (l’arte, la letteratura, ecc...), in cui poter esprimere le proprie inclinazioni, grazie alla propria volontà, nonostante le difficoltà presenti a volte nell’ambiente in cui si vive (o si ope-ra). Occorre utilizzare il “tempo perso” che molta gente si trova ad avere perché non ha imparato a concentrare la propria mente e a stimare il valore del proprio tempo, così ci si abitua a non oziare. Inoltre la gente (attiva) che ci osserva, si rende conto che mettiamo tutto il nostro impegno per imparare e raggiungere ciò che stiamo cercando, e sarà sempre disposta ad aiutarci, perché vede che stiamo correggendo le asprezze del nostro carattere con un’irremovibile volontà. Se un uomo aiuta se stesso mettendo tutto il suo impegno in ciò che ama e non aspetta che altri facciano qualcosa per lui, Inti (Dio) verrà ad appoggiarlo, sia indirettamente, tramite l’intermediazione di un protettore personale, che in modo impersonale, sottoforma della “fortuna che aiuta”... la saggezza (Inti – Dio) non si apre se non ci sono meriti (sacrifici, costanza nel lavoro, rinunce), “per avere diritto bisogna pagare”.

– Nel mondo in cui viviamo ci muoviamo continuamente tra due forze (polarità) contrarie che regolarmente ci stanno tentando in uno o nell’altro senso, tra la verità e l’errore (il bene e il male, l’egoismo e l’altruismo, la luce e le tenebre, la virtù e il vizio, la diligenza e la pigrizia, ecc...). Tutto dipenderà dall’abitudine che abbiamo creato, che è il risultato dell’esercizio della volon-tà, e dall’istinto (la tendenza naturale) che stimola la volontà. Questa volontà tenderà verso un lato e formerà abitudini che ne aiuteranno o pregiudicheranno il progresso, a seconda che vada a destra o a sinistra (l’abitudine è l’attitudine, una tendenza, per ripetere una determinata azione ogni volta con più facilità). Se l’azione è buona, l’abitudine sarà buona e favorevole per miglio-rare il carattere e rafforzare ancora di più la volontà. Se l’azione

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è cattiva, l’abitudine sarà cattiva e pregiudicherà l’evoluzione. Siccome fin da bambini abbiamo acquisito abitudini più o meno negative, queste risultano essere ostacoli al successo. Per toglierci queste abitudini abbiamo bisogno di un grande sforzo di volontà, a seconda di quanto profondamente sono radicate dentro di noi, ma non sono impossibili da togliere. Volere è Potere.

– Dobbiamo circondarci, facendo molta attenzione, di tutte le circostanze favorevoli che ci sostengono e ci pongono in una si-tuazione molto positiva per compiere il primo passo verso il nostro recupero (riabilitazione). Impegnarci in tutto ciò che è contrario al vizio. Sarà un formidabile appoggio e ci aiuterà nella lotta che abbiamo intrapreso con totale fermezza, senza lasciarci tentare, aumentando la nostra forza di vincere. Uno dei vizi peggiori è quello del bere (ubriacarsi). L’alcool bolle nel sangue (come il mosto che fermenta nella botte e spinge i rifiuti del fondo verso la superficie...) e rimuove tutto (il fango stesso della natura brutale dell’ubriacone). Chi vuole liberarsi di questo o altro vizio può, resistendo con rassegnazione al doloroso sforzo necessario per vincere. È bene prendere un impegno con se stessi e con Inti (Dio). E la parola d’onore data, va rispettata... Le nostre forze interiori sono infinite come la Fonte da cui hanno origine, ma sono latenti quando nasciamo e non si manifestano uniformemente in tutti, bensì con maggiore o minore intensità a seconda della culla dove veniamo allevati, dell’educazione che riceviamo, dell’ambiente in cui viviamo e il grado di evoluzione spirituale con cui arriviamo. L’evoluzione spirituale con cui arriviamo, che è stata ottenuta per meriti, segnerà la nostra condizione sulla terra, che non è l’uni-co luogo per progredire (spiritualmente) sul piano intellettuale e materiale. Questo ci aiuterà a capire perché alcuni arrivano molto bene, altri più o meno o in stato calamitoso (le facoltà intellettuali si manifestano nel nostro mondo con grandi distanze tra il genio e l’inetto, con una gamma di stati intermedi, pur essendo tutti spirito, tra il bambino prodigio e il bambino ritardato; perché tanta “ingiu-

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stizia”? dicono coloro che non conoscono e non comprendono le grandi leggi dell’evoluzione spirituale). Non siamo mai gli stessi, l’evoluzione spirituale ci permette di crescere, perfezionando il nostro carattere e collocandoci ad un livello superiore, nella mi-sura in cui eliminiamo i difetti che abbiamo, per sentirci meglio. Ma la coscienza della nostra individualità non cambia, ciò che succede è che con il passar degli anni cambiano le nostre idee e anche i nostri punti di vista, così come le emozioni, i sentimenti, gli affetti. L’esperienza e il discernimento ci aiutano a dimostrare che senza l’evoluzione spirituale l’uomo sarebbe nulla, l’universo una casualità e Inti (Dio) una parola senza senso, inutile...

– La madre ha un ruolo molto importante (decisivo) nella buona educazione del bambino, perché sia predisposto all’auto-educazione quando ne avrà l’opportunità. Prima che vada a scuola, la madre ha la responsabilità di educarlo al bene, l’aiuto del padre sarà il complemento efficace. La madre è quella che dà il primo impulso allo spirito dell’uomo e da questo tocco dipende la direzione che prenderà la forza della sua volontà, trasformandosi in fermezza e integrità.

– Il maggiore ostacolo al manifestarsi del reale significato della vita è la timidezza...

Conosco un caso molto da vicino: un giovane universitario che non avanzava negli studi superiori – la sua vocazione era un’altra professione – per paura non riusciva a decidersi, in primo luogo a parlare con suo padre e poi a cambiare carriera; la sua vera inclinazione era un’altra, totalmente diversa da quella che seguiva per soddisfare suo padre. Lo stimolai ad affrontare la realtà, senza perdere altro tempo e ad iniziare, benché dubbioso, ciò che gli piaceva. Si fece coraggio e parlò con suo padre... oggi è un brillante professionista riconosciuto per i suoi lavori di ricerca, non solo in Perù ma anche a livello internazionale, che bello! Molti giovani non vogliono lasciare ciò che è “sicuro” per ciò che è “incerto”, anche se ciò che è incerto è realmente quel-

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lo che desiderano ed è davvero in accordo con la loro natura. È la timidezza, aspettano un miracolo per cambiare, qualcosa che infonda loro speranza e coraggio.

– Un altro ostacolo come la timidezza è la noia (fastidio, astio, tedio, ecc...) che è accompagnata dalla pigrizia, dal pessimismo (egoismo, sfiducia), generalmente conseguenza del disgusto per un lavoro obbligato, della sofferenza per una malattia incurabile e in qualche caso di problemi di tipo morale, e così via. I bagni di acqua fredda al mattino, momenti di riposo (10-15 minuti) du-rante il lavoro giornaliero, il sonno necessario e un’alimentazione adeguata, favoriscono il cambiamento verso uno stato piacevole, anche se forse c’è un poco di sofferenza per lo sforzo di ottenere il miglioramento.

– Dobbiamo raggiungere la libertà che ci dà l’educazione. L’igno-ranza ostacola le facoltà intellettuali. Si pensa che sia tardi (ci si sente vecchi) per iniziare, si crede di non servire a nulla, la sfortuna ci accompagna e non vediamo neanche la schiavitù che ci lega.

– L’orgoglio è una forma di egoismo; di sicuro l’orgoglioso si rende antipatico e quando ha bisogno di aiuto non trova risposta positiva nei suoi subalterni, che maltratta, umilia e non si rende conto che è schiavo della sua passione, che intorpidisce la sua volontà. Questi sono coloro che non sono arrivati per meriti propri al posto che occupano, la posizione risulta essere troppo grande per loro... e trattano gli altri con arroganza. Non si rendono conto che quelli che lavorano con loro sono collaboratori e non servitori.

– Quanto più saggio è l’uomo, tanto più è modesto! Non stia-mo parlando di colui che ostenta saggezza, né dell’arrogante che abusa del potere, confondendo l’orgoglio con l’energia... molti falliscono perché non sono educati e amorevoli (la cortesia non toglie valore...). Si, è bello essere amorevoli, non costa niente, è un piacere, ti rende felice essere così con tutti. Non con tiepidità, ma con calore, sinceramente, con equilibrio (il termine “nel mez-

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zo” è molto importante ma non significa, come dice molto bene il maestro, tiepidità, bensì equilibrio, armonia, equanimità, che non sono facili da raggiungere finché non si è ottenuta la padronanza di se stessi e non si domina il nostro io inferiore, la personalità. In questo modo ci allontaneremo dalla superbia e dalla bassezza, dirigendoci sempre verso la giustizia).

– Ti incanta chiarire e dire di più di ciò che io manifesto! Va bene, mi piace – disse il maestro che, naturalmente, sapeva ciò che stavo pensando e che cercavo di comprendere i suoi begli insegnamenti.

– La ira (arrabbiarsi violentemente) è un altro ostacolo serio. Quando si è in collera il viso si sfigura, si perde il controllo della mente (in epoca medievale si credeva che la collera, chiamata anche rabbia, avesse come origine un umore del corpo chiamato collera e tutt’oggi si continua a dire, per tradizione... “è di cattivo umore”, quando uno è arrabbiato, adirato). L’ira fa impazzire, non misura le conseguenze, si fa tutto il contrario di ciò che si vorrebbe. Questo stato è pericoloso.

– La maleducazione è un altro impedimento per il successo, molti la considerano come disprezzo e il disprezzo è una ferita quasi incurabile del cuore umano. La mancanza di attenzione (l’inadempimento di una promessa, un gesto di disdegno, essere dispregiativo), che può sembrare a noi senza importanza, per altri ha valore... Il concetto che gli altri hanno di noi viene danneggia-to dalla maleducazione. La cortesia e le buone maniere valgono molto e in verità costano poco, quando sono espressione di un carattere equanime, perché se apparissero come un’espressione timida e supplicante, darebbero prova del loro poco valore (sa-rebbe l’altro estremo della maleducazione, cioè la timidezza o la repressione).

Pensai alla mancanza di onestà (slealtà, empietà). Amaru mi “guardò” e disse:

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– Credo che adesso tu stia complicando le cose e ciò è un impe-dimento, credo il più grande, per ottenere successo. Apparentemente la persona sleale può godere della buona sorte e accumulare fortuna in maniera scorretta, non onesta, ma oltre l’apparenza ci sono la sua coscienza e la legge (Legge di Causalità), forse una malattia e altri problemi emozionali, sentimentali che non gli consentono la piena salute. La prosperità vera e duratura si oppone totalmente (o non si concede) agli affari sporchi in cui si guadagna (lucra) a spese di altri. La slealtà è uguale, nel capo come nell’impiegato, nel padrone o nell’operaio. Ci sono persone che esigono onestà ma insegnano ad ingannare... (ai propri dipendenti) e sembra che non se ne rendano neanche conto... sono prestigiatori che cambiano il peso della bilancia o la quantità del prodotto che vendono, rubano sulla qualità, ecc.... L’onestà è meglio della malafede. Dobbiamo dirlo, la mancanza di lealtà (slealtà) ha come compagna la menzo-gna, perché colui che ruba o truffa deve necessariamente mentire e ogni volta è peggio, perché deve continuare a mentire e gli si chiudono tutte le strade della prosperità, nessuno più crede in lui, la sua parola perde valore... (che peccato!). Non ha più carisma per poter guidare con rettitudine i suoi impiegati, cioè non c’è amore, c’è sospetto nei dipendenti e mancanza di comprensione e rispetto del capo verso i suoi lavoratori, a causa del suo orgoglio molto rozzo. È la sua ansia di ricchezza. Questo è il maggior ostacolo al progresso individuale. Il denaro, in sé, non vale nulla. Serve, è un mezzo per realizzare quello che vogliamo e sappiamo fare. Occorrerà un vero sforzo per recuperare credibilità. Un grande sforzo sincero per tornare ad avere ciò che abbiamo perso... Se realizziamo questo sforzo reale con umiltà, riconoscendo l’errore, arriveranno in nostro ausilio tutte le forze spirituali e fisiche che sono rimaste addormentate nella nostra vita, dentro di noi, per riscattarci con dignità e coraggio. In questo modo non vivremo più a metà, bensì con pienezza, godendo della libertà che ci dà la sincerità restituita. Il nostro Io reale, la vera natura spirituale,

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è buono, saggio, perfettibile, può superare un brutto momento e creare un domani molto più elevato dell’oggi, lottando per vincere, rafforzando il nostro carattere.

– Non è un lavoro facile, ha bisogno della forza che viene dalla decisione, dal rimorso per l’inganno perpetrato e dal tempo. Se vogliamo, possiamo vincere.

Il maestro Amaru tacque... La conversazione era terminata... e così iniziò un altro riposo, il riposo del corpo perché io... avrei continuato a lavorare, idealizzando quello che poi sarebbe dive-nuto una realtà.

Arrivò il maestro!– Ieri sera hai detto che avresti continuato a lavorare, “idealiz-

zando” quello che poi sarà una realtà... Tutto inizia con un’idea, che poi si trasforma in un pensiero, esso prende forma ed infine si concretizza in azione che renderà realtà quell’idea originale (Benjamin Franklin diceva: “le cose ben fatte sono migliori di quelle ben dette”, tuttavia è importante che quel fare sia ben pensato). L’idealista è fondamentale in tutta l’azione, egli “vede” prima quello che deve essere fatto. Altri dicono: “bisogna essere pratici” e dubitano o direttamente non sono d’accordo con gli idealisti (li chiamano anche “Don Chisciotte”...), ma non dobbiamo dimenticare che l’idealista è colui che crea l’idea, che poi l’uomo d’azione porterà alla pratica. In realtà dovrebbero lavorare insieme (sono complementari). Alcune volte l’idealista è quello che porta all’azione anche il pensiero.

– Tu hai l’idea che porterai alla pratica – mi disse il maestro. – Si vede già, si sta concretizzando...

– Gli idealisti sono sempre esistiti (in tutte le epoche ci sono stati sognatori che hanno seminato idee rivoluzionarie che nessuno accettò, sembravano pazzie di menti squilibrate. Con il trascorrere degli anni sono state concretizzate dagli uomini d’azione o dagli

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idealisti stessi, con ammirazione e accettazione da parte degli altri). Le invenzioni, le scoperte, sono iniziate così: come idea nella mente dell’uomo. Ci sono fatti che non si accettano ancora (considerati utopici) perché si dubita della loro realtà (verità). Per ora è così... ma arriverà il momento della conferma. Si stanno se-minando idee i cui frutti li vedranno i figli dei nostri figli... per il bene dell’umanità e la chiarezza nella nostra storia. Combattendo l’ignoranza e la miseria, miglioreranno le condizioni della vita, si spazzeranno via le superstizioni, i pregiudizi e si ripuliranno le credenze. (Dove oggi esiste un idealista, un giorno saranno migliaia quelli che gioiranno delle “sue pazzie”. Da molti sono considerati sognatori, streghe, maghi, lontani dalla realtà della propria epoca. Gli idealisti muoiono per il proprio ideale, ma non uccidono per esso... L’idealista non è fanatico, non distrugge... è all’avanguardia dell’umanità, anticipa la sua epoca...). L’idealista, il sognatore, anela la pace, la fratellanza pratica fra gli uomini. Vede (o intravede) un altro momento per l’umanità, senza eserciti, senza armi, senza morte, il cui pretesto è la difesa nazionale, invece di coltivare la terra, cercando l’abbondanza che migliora la vita. (Sono convinto che le nostre visioni... non si prendono gioco di noi. L’idealista sta vedendo quello che deve succedere, “i castelli in aria” che poi diventeranno i castelli sulla terra). Oggi soffria-mo molto, ma se creiamo un futuro migliore godremo del vero scopo della vita, nonostante gli errori che si commettono (stiamo preparando il futuro). Le migliori medicine sono l’ottimismo e la speranza. Abbiamo bisogno di una volontà ferma per recuperare l’armonia, la verità, la bellezza... Se la nostra visione è questa, così sarà la nostra vita.

– Dobbiamo mettere tutto l’entusiasmo possibile nell’opera che svolgiamo, come anche ottimismo e fiducia. Il successo esige sacrificio, ma un sacrificio fatto con entusiasmo (perseverando in ciò che vogliamo, sapendo ciò che stiamo cercando, perché se lo ignoriamo, per quanta forza di volontà ci mettiamo, non

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otterremo ciò che desideriamo). Il carattere della persona si vedrà nello spirito con il quale realizza il suo lavoro. Se lo fa con svogliatezza, come se fosse uno schiavo o fosse obbligato, non occuperà mai un posto di rilievo nel mondo, non sentirà piacere in ciò che fa e sarà infelice. Non avrà compreso che l’uomo deve lavorare per vivere e che la natura non gli dà niente senza sforzo. Lo considera una necessità sgradevole ma deve farlo, altrimenti resta senza cibo e riparo. Se invece lo considererà un mezzo per evolvere, per crescere, per educare le sue facoltà, avere esperienze buone o cattive ma che gli saranno utili, riuscirà in ogni modo a vivere con allegria godendo del suo impegno. Il lavoro eseguito con allegria, lo studio serio e con sacrificio, sono indispensabili per ottenere il successo. Il tipo di lavoro deve essere in accordo (armonizzato) con il carattere (cioè l’atteggiamento e la professione faranno del lavoro un piacere), non importa che sia un lavoro modesto e umile, lo spirito con cui ci si pone gli darà qualità. Tutte le professioni sono degne, siamo noi che le rendiamo degne e nobili.

– Dobbiamo assumerci con responsabilità la forza degli ostacoli che superiamo. Il pericolo, le difficoltà, ci obbligano a trarre forza dalle nostre debolezze e l’istinto di sopravvivenza (di conservazio-ne) spinge la volontà, scoprendo in questo modo le nostre facoltà segrete (le nostre potenzialità), cioè fino a quando riceviamo aiuto o ausilio esterno, non scopriremo ciò di cui siamo capaci. Le difficoltà sono il passo verso la prosperità. La responsabilità delle proprie azioni è fondamentale per quello che l’uomo fa, per la sua vita stessa e quella di coloro che lavorano ai suoi ordini, è energia... Deve imparare a comandare con responsabilità, quando l’opportunità gli dà questa possibilità (generalmente il subalterno pensa con un altro cervello, ed esegue soltanto gli ordini dei suoi capi, non impara a pensare da sé, non agisce in modo indipen-dente e le sue qualità si addormentano... se non cerca il momento opportuno per decollare).

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– Non realizzeremo nulla di grande se non ci mettiamo il nostro spirito con tutta la sua potenza e il corpo con tutti i suoi sensi. Deve esserci decisione nel volere per trasformarlo in potere, non solo il desiderio di realizzarlo, ma essere sicuri di voler uscire dalla massa anonima con tutta l’energia concentrata che c’è in noi. Le menti vigorose trasformeranno il volere in potere, con una volontà ferrea. Non dobbiamo passare la vita semplicemente manifestando il desiderio di “magari”, “chi lo sa”, “vedremo”... La decisione, che è lo sforzo della volontà, supererà la distanza tra quello che si dice e si fa, tra il desiderio e l’azione.

È possibile ottenere realmente ciò che ci proponiamo, salvo che le condizioni lo rendano impossibile – pensai.

– Il possibile e l’impossibile – rispose il maestro! – sono ter-mini che dipendono (soggettivi?) dall’evoluzione dell’uomo, dalla mentalità dell’epoca, dal paese dove si vive ecc.... Ad alcuni sembra impossibile ciò che per altri è possibile. Ignoriamo più di quello che conosciamo dell’universo e delle sue leggi, esso mantiene ancora i suoi segreti, quindi non distinguiamo con certezza ciò che è possibile da ciò che è impossibile davvero.

– Nell’antichità, molti aspetti della vita e delle relazioni dell’uomo con la natura non venivano accettati, perché considerati falsi o impossibili. Oggi non solo sono veri e possibili, ma sono anche già stati superati (la terra era “piatta”, quella era la verità. Risulta che è “rotonda”... “niente più pesante dell’aria può alzar-si”... che direbbero se vivessero oggi?...). Viviamo in un mondo relativo nel quale ci sono leggi assolute che non conosciamo ancora... Per adesso, le tre facoltà superiori dell’uomo: volontà, conoscenza e azione, renderanno possibile la vita armonica sulla terra, con successo e felicità. Sono suscettibili di miglioramento grazie all’esercizio che ricevono, una piccola volontà supererà le sue limitazioni a seconda dell’educazione ricevuta, senza altri ostacoli se non quelli dati dall’organismo fisico in cui si manife-sta il cervello e si rafforzerà fino a realizzare ciò che sembrava

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impossibile. L’impossibilità non sempre è nelle cose bensì nella nostra inferiorità fisica, intellettuale e morale.

– Abbiamo già detto che se si rafforzano le energie interne per mezzo dell’educazione e dell’esperienza, eliminando i vizi che ci ostacolano, realizzeremo che le nostre possibilità di fare si espandano ogni volta di più e l’impossibile si ridimensiona. Tuttavia, bisogna ricordare che la mente discernerà il possibile dall’impossibile della cosa, non in se stessa, bensì in relazione alle nostre forze individuali. Questi atteggiamenti creeranno in noi una grande soddisfazione, una vera (genuina) soddisfazione interna, non quella egoista di colui che sente soddisfazione per aver risolto un suo problema materiale senza preoccuparsi del benessere altrui, cioè senza il benché minimo sentimento di fraternità umana, molto individualista, incapace di realizzare il minor sforzo in favore del miglioramento della comunità.

– Questa soddisfazione interna ci dà la tranquillità di coscienza che non conosce rimorso, che non ha di che pentirsi in futuro, perché la vita passata non serve ad incolparsi, è già passata e oggi, con spiritualità elevata, guardiamo la vita in altro modo. Inoltre, tutti in qualche momento abbiamo commesso degli errori, nessuno è senza colpe e anche il giusto si sbaglia, ciò che bisogna evitare è arrivare all’avvilimento, che è un passo verso il fallimento. La mancanza di soddisfazione interiore è un ostacolo alla volontà che diminuisce l’energia del Volere e pertanto le possibilità del Potere. Ma non è un ostacolo insormontabile, con il tempo e un po’ di lavoro lo si potrà superare.

– Dobbiamo imparare dall’insuccesso, a volte è necessario per il trionfo. Non consideriamolo come un duro colpo, troppo per noi, ma come un’esperienza dalla quale imparare, senza disperazione, in modo riflessivo, senza pessimismo, ma al contrario, con la soddi-sfazione interiore di aver fatto tutti gli sforzi possibili per ottenere il successo. In quel momento, tranquillamente, occorre cercare le possibili cause per eliminarle e ripartire nell’intento, confidando

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nel successo, senza paura. La timidezza, come abbiamo già detto, è una chiara dimostrazione che non siamo soddisfatti di noi stessi, che non abbiamo fiducia in noi stessi e la confondiamo con la modestia... Se non abbiamo noi fiducia in noi stessi... chi l’avrà?

– È raccomandabile alla sera, dopo il lavoro quotidiano, esa-minare tutto ciò che abbiamo fatto e non fatto, i nostri pensieri, ciò di cui abbiamo parlato, gli errori, con il fermo proposito di correggerli, e sentire la soddisfazione interiore di aver fatto qual-cosa di buono, continuando fermamente sulla via del successo, sforzandosi ancora di più di perfezionare le nostre capacità e realizzare i nostri ideali più elevati, cioè sempre in evoluzione. Più che emergere nella professione, abbiamo bisogno di emergere come uomini, nel senso più ampio della parola.

– Facciamo in modo che la nostra vita sia pura, chiara, tra-sparente. Tutto ciò che facciamo, pubblicamente o privatamente, deve portare quel sigillo di purezza e trasparenza.

– L’uomo deve essere originale, cioè mostrarsi come è vera-mente... sempre in cammino verso il perfezionamento, attraverso procedimenti nuovi e migliori, magari imitando altri (anche questo è originalità) che hanno acquisito da altre fonti. Imitare non è copiare o plagiare, è agire in circostanze simili allo stesso modo di quegli esseri, grandi uomini, che affrontarono con coraggio e trasparenza situazioni difficili, dimostrando la propria energia e soddisfazione interiore. È avere come esempio la vita di quegli uomini speciali, senza perdere la propria personalità.

– Metti amore in tutto quello che fai e potrai creare nella tua vita un luogo meraviglioso per vivere. Ti trasformerai nell’amore stesso... L’amore aspetta la tua creazione; sei tu che decidi come vivere, cioè con felicità o tristezza. Crea il mondo che vuoi per te.

Le parole del maestro restituiscono la fede, la felicità, l’otti-mismo, la speranza. Sono dette con tanto calore e sicurezza che il

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sangue inizia a scaldarsi nel corpo... A scaldarsi con altro calore... è un’altra temperatura, che dà fermezza, solidità, fiducia che è possibile, se ce lo proponiamo, più delle parole che ascoltiamo negli incontri ai quali assistiamo e che consideriamo benefiche, e ci fanno sentire molto bene.

Stando in una comunità spirituale per un certo tempo, godendo di una atmosfera di pace, dove chiaramente e coscientemente si sente di essere sulla strada buona, la vita ha un altro senso, ci si sforza per migliorare, per essere più pazienti, più padroni di noi stessi, in una parola, più saggi. Tutto questo, apparentemente, entusiasma... ma cosa succede quando si ritorna nella società, quando si torna alle occupazioni e alle responsabilità quotidiane in un mondo diverso da quello in cui si è rimasti per il “ritiro”? Iniziano di nuovo le riunio-ni di lavoro, le amicizie e così via e poco a poco ci si dimentica di tutto ciò che si è ascoltato, imparato e forse compreso, durante quei “bei giorni” nella comunità. Si torna alle antiche abitudini, come se quello che è stato detto “non sia così importante”, non si vuole neanche più commentare con i propri amici o conoscenti quell’esperienza, forse c’è un po’ di vergogna... per i “cambiamenti” che esternamente sembrano avvenire in noi... Questo cambiamento di atteggiamento è dato dal fatto che non è stato compreso, e ancor meno assimilato, ciò che era stato ascoltato; sarebbe magari necessario un po’ più di studio, un po’ più di coscienza per il cambiamento, perché l’ambiente nel quale si vive non deve influenzare, quando realmente si è preso coscienza di ciò che si vuole e si può, nono-stante si frequentino riunioni di qualsiasi tipo e per quanto malsane siano. Avremo sempre la giusta chiarezza, che ci dà la luce, con la coscienza ferma in ciò che è superiore.

Il maestro è un mezzo, l’evoluzione dipende da noi stessi, il maestro “non farà miracoli” per il nostro cambiamento; se non avremo preso la decisione di cambiare, continueremo ad essere ancora gli stessi, pur restando vicino al maestro. Che il nostro volto interiore affiori un giorno per abbellire il nostro volto fisico.

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Verdechiaro nasce dalla fusione del verde e del giallo e rap-presenta la realizzazione nel concreto di un progetto individuato attraverso l’intuizione: poter contribuire alla circolazione delle idee in cui crediamo. Le nostre proposte editoriali sono libri che portano il seme di un messaggio evolutivo che sentiamo in modo particolare. Sono opere indirizzate alla mente e al cuore dell’uomo, che pensiamo non debbano mai essere disgiunti per il raggiungimento di una più profonda consapevolezza.

Che questi libri possano essere un faro per colui che desidera addentrarsi nel viaggio interiore.

Verdechiaro Edizioni via Montecchio, 23/242031 Baiso (Reggio Emilia)Tel e fax 0522/598264email [email protected]://www.verdechiaro.com

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