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Filozofická fakulta Univerzity Karlovy v Praze Ústav románských studií Letní semestr 2012/2013 Formy italského psaného projevu Corso di composizione testi in italiano Alberto Borghi Materiali didattici Parte I «La correttezza della lingua è la premessa della chiarezza morale e dell'onestà. Molte mascalzonate e violente prevaricazioni nascono quando si pasticcia la grammatica e la sintassi e si mette il soggetto all'accusativo o il complemento
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Filozofická fakulta Univerzity Karlovy v PrazeÚstav románských studií

Letní semestr 2012/2013

Formy italského psaného projevu

Corso di composizione testi in italiano

Alberto Borghi

Materiali didatticiParte I

«La correttezza della lingua è la premessa della chiarezza morale e dell'onestà.Molte mascalzonate e violente prevaricazioni nascono quando si pasticciala grammatica e la sintassi e si mette il soggetto all'accusativo o il complementooggetto al nominativo, ingarbugliando le carte e scambiando i ruolitra vittime e colpevoli, alterando l'ordine delle cose e attribuendo eventi acause o a promotori diversi da quelli effettivi, abolendo distinzioni e gerarchiein una truffaldina ammucchiata di concetti e sentimenti, deformando la verità.(...) rispettando la lingua, ossia la verità, s'irrobustisce pure la vita, si sta unpo' più fermi sulle proprie gambe e si è più capaci di fare quattro passi godendosiil mondo, con quella vitalità sensuale tanto più sciolta quanto più liberadai grovigli degli inganni e degli autoinganni».(Claudio Magris, Microcosmi, Milano, Garzanti, 1997, pp. 111-112)

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INDICE

La punteggiatura 2

Il testo narrativo 9

Il testo espositivo-interpretativo: la recensione 12

Come scrivere una recensione 14

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LA PUNTEGGIATURA

La punteggiatura o interpunzione serve a regolare e a scandire, nella pagina scritta, il fluire delle parole e delle frasi, in modo da riprodurre il più fedelmente possibile le articolazioni logico-sintattiche e le intonazioni espressive del discorso parlato. La punteggiatura dà ordine all’esposizione, lega e nello stesso tempo separa le varie parti del discorso, stabilendo successioni e gerarchie concettuali, e rispecchia, segnando o non segnando pause, lo stato d’animo o le intenzioni di chi scrive.La punteggiatura è uno strumento linguistico molto importante: serve non solo nel momento della codificazione scritta della lingua orale, per fissare la struttura logico-sintattica del discorso e le diverse sfumature ritmico-espressive del parlato, ma serve anche nel momento, non meno fondamentale e decisivo, della codificazione della lingua scritta, perché facilita la lettura e la comprensione del testo scritto. Di fatto, prescindendo per il momento dalle sue funzioni stilistiche, la punteggiatura ha innanzitutto precise funzioni “tecniche” che la rendono indispensabile. Solo la punteggiatura, infatti, permette di capire la scansione logica delle varie parti del discorso e di stabilire, con sicurezza, se una certa frase ha un valore puramente enunciativo o se ha un valore interrogativo o esclamativo. In molti casi, poi, la punteggiatura, segnalando la scansione logica del discorso, è addirittura un elemento fondamentale per capire il senso di una frase. Si veda, ad esempio, come nelle due frasi seguenti la diversa punteggiatura dia luogo a un diverso significato:

Mentre la mamma dorme in camera sua, il bambino gioca.Mentre la mamma dorme, in camera sua il bambino gioca.

Peraltro, proprio per la sua importanza e per le diverse funzioni che è chiamata a svolgere nel testo scritto, la punteggiatura non ubbidisce a norme ben precise e facilmente individuabili. Essa, anzi, è un fatto eminentemente soggettivo e personale: ognuno, nel rispetto di talune consuetudini accettate da tutti, può servirsi liberamente della punteggiatura e farla diventare anche un fatto di stile, cioè un elemento atto a conseguire particolari effetti espressivi. Imparare a usare bene la punteggiatura, dunque, è importante, ma per impararlo, più che studiare le regole della grammatica, bisogna imparare a cogliere tutte le sfumature del ritmo e di intonazione della lingua parlata e prestare attenzione all’uso che della punteggiatura fanno scrittori e poeti.

Il punto

È il segno che indica la fine di un periodo (inteso come parte di testo, formato da una o più frasi, in grado di esprimere un pensiero compiuto), lungo o breve che sia. Dopo il punto è necessaria la maiuscola.

Si usa dopo le abbreviazioni: ecc., pag., pagg., cfr., v., art., cap., capp., prof., proff., sig., sigg.

Il punto è praticamente scomparso dalle sigle: negli ultimi decenni si è passati, ad esempio, da R.A.I. (Radio Audizioni Italiane) o F.I.A.T. (Fabbrica Italiana Automobili Torino) a RAI, FIAT. Oggi prevale la forma Rai, Fiat.

La virgola

Viene usata: nelle enumerazioni: es. Ho bisogno di pane, burro, latte e frutta; E’ un uomo alto, magro, piuttosto curvo

di spalle e leggermente strabico; per separare le frasi coordinate per asindeto: Il nonno è originario di Roma, la nonna invece è nata a

Napoli; dopo il vocativo: Paolo, ricordati di andare a trovare la zia; come pure: Ricordati, Paolo, di andare a

trovare la zia; prima e dopo una apposizione o un inciso: Antonio, lo zio di Laura, è un ingegnere; Antonio, preoccupato

per l’incertezza della situazione, non riusciva a spiccicare parola; dopo le congiunzioni infatti, di fatto, in effetti; per separare una frase coordinata introdotta dalle congiunzioni ma, però, tuttavia, anzi; per separare dalla reggente una frase subordinata introdotta da benché, sebbene, anche se, per quanto,

poiché, giacché, quanto, mentre, se (con valore ipotetico).

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Attenzione: I ragazzi che non lo conoscevano sono stati conquistati dalla sua simpatia;I ragazzi, che non lo conoscevano, sono stati conquistati dalla sua simpatia.

Non viene usata: tra il soggetto e il verbo e tra il verbo e il complemento oggetto; nelle interrogative indirette, nelle proposizioni soggettive e oggettive; davanti alla congiunzione copulativa negativa né e alle congiunzioni disgiuntive o, oppure quando sono usate in una elencazione; davanti alla congiunzione di correlazione sia; davanti all’avverbio eccetera (ecc.)

Il punto e virgolaSegna una pausa di media durata, meno netta del punto fermo e più lunga della virgola.

Si usa: in alternativa al punto fermo, per dividere, all’interno di un periodo, due o più proposizioni collegate

tra loro che grammaticalmente potrebbero stare ciascuna per sé, separate da un punto fermo, ma che, per il significato complessivo del periodo, non è il caso di separare nettamente.

In alternativa alla virgola, nelle enumerazioni e negli elenchi, quando i singoli elementi sono accompagnati da un’apposizione e da un’espansione più o meno lunga.

Oggi il punto e virgola è sempre meno usato e si tende a sostituirlo con il punto fermo o con la virgola, a seconda dei casi.

I due punti

Si usano: per introdurre un elenco: Paolo legge di tutto: novelle, romanzi, racconti, saggi e anche fumetti; per introdurre un discorso diretto: La donna rispose: “Non ne so nulla!”; per introdurre una precisazione o una spiegazione: Sognava una cosa sola: viaggiare per il mondo; per introdurre un esempio o una citazione;

Non si usano: Tra il verbo e il complemento oggetto, anche se questo è costituito da un elenco di oggetti o di persone:

Paolo legge novelle, romanzi, racconti saggi e anche fumetti.

I puntini di sospensione

Si usano, nel numero fisso di tre, per indicare: l’interruzione di un discorso che viene lasciato in sospeso: Non vorrei dire, ma quel ragazzo … l’interruzione di un discorso che chi legge o ascolta può integrare da solo: Chi ben comincia …; A buon

intenditore … l’interruzione di una enumerazione che potrebbe continuare, ma che si ritiene inutile completare; l’omissione di un passo nelle citazioni; in questo caso i puntini vengono messi fra parentesi tonde (…) o

[…];

Il trattino Si usa per lo più per unire due parole, in genere nomi o aggettivi, che vengono accostate tra loro ma che non formano una parola composta, in quanto i due elementi conservano una certa autonomia di significato. In taluni casi il trattino unisce due termini sostituendo una proposizione e una congiunzione: es. la partita Inter-Milan (tra l’Inter e il Milan); l’alleanza anglo-francese (tra gli inglesi e i francesi); il dizionario italiano-latino (dall’italiano al latino). Talvolta coesistono le forme con il trattino e quella senza il trattino: vice-presidente / vicepresidente, auto-analisi / autoanalisi. In questi casi è meglio adottare la forma senza trattino.

Il trattino si usa anche: per indicare due numeri indicanti gli estremi di una cifra approssimata: Il treno è in ritardo di 10-15

minuti;

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per dividere le parole in sillabe “sil-la-be”; per indicare che una lettera o un gruppo di lettere costituiscono la parte iniziale o la parte finale di una

parola: il prefisso “ippo-“, il suffisso “-accio”.

Le lineette

Le lineette si usavano molto nei testi a stampa fino a qualche decennio fa, in sostituzione delle virgolette per indicare il discorso diretto. Es.:– Come va? – chiese l’uomo. – Abbastanza bene – rispose il nuovo arrivato.

Oggi sono quasi sempre sostituite dalle virgolette, anche se, talvolta, virgolette e lineette coesistono. Es.: “L’anno scorso – disse l’uomo – non l’ho mai visto”.

Le lineette sono invece usate spesso in sostituzione delle parentesi per delimitare un inciso.Es.: “Vorrei che mi parlassi delle più importanti espressioni letterarie – romanzi, poesie e testi teatrali – del secolo scorso”; “Se vai a trovare il nonno – e sarebbe ora –, passa a prendere anche me”.

Le virgolette

Nella forma « » (virgolette basse) o nella forma “ ” (virgolette alte) vengono usate sempre in coppia:

per delimitare il discorso diretto: L’uomo disse: « Non ne posso più! »; per delimitare una citazione: Manzoni scrive che Don Abbondio non era un «cuor di leone»; per introdurre in un testo il nome (la testata) di un giornale: il «Corriere della Sera»; per mettere in evidenza che una parola o un gruppo di parole sono usati in un significato particolare,

diverso da quello usuale, per esempio in un senso ironico o allusivo o metaforico: Grazie, ma non ho bisogno dei tuoi “servizi”.

Tratto da: Sensini M., La grammatica della lingua italiana, Mondadori, pp. 50-59.

ESERCIZI

A) Inserisci nel testo i segni di interpunzione (virgola; punto e virgola).

Storia della punteggiaturaNegli antichi manoscritti la punteggiatura quando esisteva aveva funzioni in parte diverse da quelle attuali. I primi segni erano semplici accorgimenti per la lettura ad alta voce. Non erano però graditi a Cicerone per il quale doveva bastare la rapida comprensione della struttura sintattica a dare al discorso il suo ritmo e il giusto tono. Nel Medioevo segni grafici e denominazioni cambiavano a seconda degli autori e dei copisti la vera regola fu in realtà l’assenza di regole. Nel Canzoniere di Petrarca troviamo per esempio il punto una sbarra obliqua al posto della virgola e un punto intersecato da una virgola per gli incisi (le frasi indipendenti inserite in altre frasi che noi segnaliamo con la virgola o il trattino). Mentre nel Decameron di Giovanni Boccaccio accanto a questi segni ve ne sono altri come il punto e virgola e i due punti. Fu la stampa a mettere ordine nella punteggiatura il valore attuale dei segni è stato stabilito dal grande editore veneziano Aldo Manuzio con le edizioni delle opere di Pietro Bembo a partire dal 1496. Da quel periodo in poi spuntarono i trattati sull’argomento spesso disattesi dai grandi scrittori. Leopardi per esempio è parsimonioso nella interpunzione Manzoni al contrario la usa a piene mani specialmente le virgole.

Storia della punteggiaturaNegli antichi manoscritti la punteggiatura, quando esisteva, aveva funzioni in parte diverse da quelle attuali. I primi segni erano semplici accorgimenti per la lettura ad alta voce. Non erano però graditi a Cicerone, per il quale doveva bastare la rapida

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comprensione della struttura sintattica a dare al discorso il suo ritmo e il giusto tono. Nel Medioevo segni grafici e denominazioni cambiavano, a seconda degli autori e dei copisti; la vera regola fu, in realtà, l’assenza di regole. Nel Canzoniere di Petrarca troviamo, per esempio, il punto, una sbarra obliqua al posto della virgola, e un punto intersecato da una virgola per gli incisi (le frasi indipendenti inserite in altre frasi che noi segnaliamo con la virgola o il trattino). Mentre nel Decameron di Giovanni Boccaccio accanto a questi segni ve ne sono altri, come il punto e virgola e i due punti. Fu la stampa a mettere ordine nella punteggiatura; il valore attuale dei segni è stato stabilito dal grande editore veneziano Aldo Manuzio con le edizioni delle opere di Pietro Bembo a partire dal 1496. Da quel periodo in poi spuntarono i trattati sull’argomento, spesso disattesi dai grandi scrittori. Leopardi, per esempio, è parsimonioso nella interpunzione; Manzoni, al contrario, la usa a piene mani, specialmente le virgole.

B) Inserisci la punteggiatura nel testo tratto dal libro La testa degli italiani (Rizzoli, 2005) di Beppe Severgnini.Hai a disposizione: 9 punti fermi – 9 virgole – 2 due punti – 1 punto e virgola – 1 punto interrogativo - 1 coppia di trattini – 1 coppia di parentesi – 1 coppia di virgolette

Non dimenticate di segnalare le lettere maiuscole.

I treni italiani sono luoghi di confessioni di gruppo e assoluzioni collettive perfetti per un paese che si dice cattolico ascoltate cosa dice la gente guardate come gesticola è una forma di spettacolo dite che le due cose confessionale e palcoscenico sono incompatibili altrove forse non in ItaliaSiamo una nazione dove tutti parlano con tutti non è stata la modernità a cambiare la piazza del Sud ma la piazza del Sud a influenzare la modernità italiana provate a seguire le conversazioni in questo treno diretto a Napoli via Bologna Firenze e Roma sono esibizioni pubbliche piene di rituali e virtuosismi confidenze inattese e sorprendenti reticenze uno raggiunge subito una nota di intimità in Italia e parla di faccende personali così scriveva Stendhal e non aveva mai preso un Eurostar

Soluzione:I treni italiani sono luoghi di confessioni di gruppo e assoluzioni collettive; perfetti, per un paese che si dice cattolico. Ascoltate cosa dice la gente, guardate come gesticola: è una forma di spettacolo. Dite che le due cose - confessionale e palcoscenico - sono incompatibili? Altrove, forse. Non in Italia.Siamo una nazione dove tutti parlano con tutti. Non è stata la modernità a cambiare la piazza del Sud, ma la piazza del Sud a influenzare la modernità italiana. Provate a seguire le conversazioni in questo treno diretto a Napoli (via Bologna, Firenze e Roma). Sono esibizioni pubbliche, piene di rituali e virtuosismi, confidenze inattese e sorprendenti reticenze. «Uno raggiunge subito una nota di intimità in Italia, e parla di faccende personali»: così scriveva Stendhal, e non aveva mai preso un Eurostar.

C) Ecco quattro testi privati della punteggiatura. Prova a inserirla e poi verifica negli originali quali sono state le scelte degli autori.

Testo 1 (cfr. originale)

la mamma così festosa aveva fatto diventare serio papà lui sapeva disse quando moriva e si aprì con noi in quel modo nuovo leggero e tragico insieme sapeva che io potevo sfuggirgli noi della loro storia non avevamo mai immaginato nulla per anni la mamma ci sembrò solo bella e gaia papà era secondo noi più interessante lei certo diventò più allegra quando noi fummo cresciute anche se lo era sempre al suo modo improvviso rapido la gioia della mamma nell'accoglierci quando tornavamo da scuola il suo correre incontro a papà che rincasava noi lo giudicavamo ingenuo mentre papà che vedevamo ora più grave quasi taciturno rispetto al tempo di Ponte Stura era considerato da noi più profondo della mamma questo fu nella nostra fanciullezza dopo il nostro giudizio fu rovesciato papà ci sembrò troppo semplice incominciammo a intravvedere una gravità nei silenzi della mamma ad avvertire qualcosa di intenso di misterioso nella sua

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bellezza fin che la nostra stessa giovinezza ci rese ottuse indifferenti a quello che "loro" potevano essere o non essere accettammo con naturalezza quasi con noncuranza che essi fossero buoni con una specie di compatimento che fossero felici quando papà si ammalò non ci rendemmo conto che la mamma era ancora quasi giovane sapevamo soltanto che lui era vecchio ma quando lei è morta abbiamo avvertito quella perdita con una lucidità crudele come un'operazione chirurgica subita senza anestesia  

Testo 2 (cfr. originale)

gli elettori dicevano perché De Sanctis non viene perché non scrive egli ci disprezza e permette che il suo nome diventi coperchio di altri nomi e di altri interessi ed io dissi andrò io là voglio vedere da presso cosa sono questi elettori e che specie di lavoro vi si è fatto e se equivoco c'è voglio io togliere l'equivoco e per la prima volta ho fatto un viaggio elettorale tornai ieri ancora commosso nella mente mi si volgeva tutta una storia pregna di grandi dolori e di grandi gioie ricca di osservazioni interessanti avevo imparato più in quei paeselli che in molti libri e dissi questo non è più storia mia è storia di tutti ci s'impara tante cose è il mondo studiato dal vero e dal vivo e studiato da uno che sotto i capelli bianchi serba il core giovine e intatto il senso morale e potente la virtù dell'indignazione ecco materia viva di una commedia elettorale e non ne conosco nessuna ancora

Testo 3 (cfr. originale)

Luciano Bianciardi è stato uno scrittore disperato che racconta in primo luogo la propria disperazione un anarchico cresciuto in provincia che dà l'assalto alla grande città del nord e vorrebbe vederla saltare per aria era inevitabile che la vita minacciasse in qualche modo l'opera sette anni fa Pino Corrias gli dedicò un libro-inchiesta una biografia molto ben documentata fatta di testimonianze raccolte presso gli amici i semplici conoscenti i pochi familiari e i colleghi di lavoro un monumento all'incapacità di trovare il passo giusto nonostante le occasioni era stato Bianciardi bibliotecario alla Chelliana di Grosseto quando Dante Isella indaga su un codice portiano ivi custodito gli risponde proprio il bibliotecario professor Bianciardi che poi Isella ringrazierà pubblicamente alla fine della prefazione all'edizione critica delle poesie portiane siamo nei primi anni cinquanta a Grosseto insieme a Carlo Cassola Bianciardi esplora il mondo delle miniere si angoscia per la palese ingiustizia e per lo sfruttamento degli operai scrive con Cassola un libro  I minatori della Maremma poi va a Milano dove entra alla Feltrinelli una Feltrinelli ancora da inventare arrivano i "fatti d'Ungheria" il '56 Bianciardi racconta tutto nell'Integrazione che è del '60 un libro ironico ma tranquillo senza le punte del suo capolavoro La vita agra che è di soli due anni posteriore 

Testo 4 (cfr. originale)

la punteggiatura il principale scopo della punteggiatura è suddividere un testo secondo la sua struttura facilitandone quindi la lettura e la comprensione sull'uso dei segni di interpunzione si dicono talvolta alcune inesattezze per esempio non è sempre vero che la punteggiatura riproduca nello scritto le pause e le intonazioni del parlato l'uso dei diversi segni di punteggiatura è legato a convenzioni che vanno apprese una per una inoltre la punteggiatura viene insegnata in modo dogmatico mentre solo in alcuni casi vi sono regole che obbligano o proibiscono l'uso di un segno di punteggiatura in molti casi la decisione di usare un segno di interpunzione è legata allo stile di chi scrive i segni della punteggiatura possono essere usati in più modi con un peso e un valore diversi in questo capitolo si passano in rassegna i segni di punteggiatura prestando attenzione alla loro funzione e alle differenze di uso legate a stili diversi 8 1 stili nell'uso della punteggiatura nell'uso della punteggiatura si possono individuare alcuni stili per semplicità ci limitiamo a indicarne tre la punteggiatura minima classica e giornalistica 

Originale del testo 1

(L. Romano, La penombra che abbiamo attraversato, in Opere, a cura di C. Segre, Milano, Mondadori, 1991, vol I, pp. 1036-37) 

La mamma, così festosa, aveva fatto diventare serio papà. - Lui sapeva, - disse quando moriva, e si aprì con noi in

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quel modo nuovo, leggero e tragico insieme, sapeva che io potevo sfuggirgli. Noi della loro storia non avevamo mai immaginato nulla. Per anni la mamma ci sembrò solo bella e gaia; papà era, secondo noi, più interessante. Lei certo diventò più allegra quando noi fummo cresciute, anche se lo era sempre al suo modo improvviso, rapido. La gioia della mamma nell'accoglierci quando tornavamo da scuola, il suo correre incontro a papà che rincasava, noi lo giudicavamo ingenuo; mentre papà, che vedevamo ora più grave, quasi taciturno rispetto al tempo di Ponte Stura, era considerato da noi più profondo della mamma. Questo fu nella nostra fanciullezza. Dopo, il nostro giudizio fu rovesciato. Papà ci sembrò troppo semplice; incominciammo a intravvedere una gravità nei silenzi della mamma, ad avvertire qualcosa di intenso, di misterioso nella sua bellezza. Fin che la nostra stessa giovinezza ci rese ottuse: indifferenti a quello che "loro" potevano essere o non essere. Accettammo con naturalezza, quasi con noncuranza che essi fossero buoni, con una specie di compatimento che fossero felici. Quando papà si ammalò, non ci rendemmo conto che la mamma era ancora quasi giovane; sapevamo soltanto che lui era vecchio. Ma quando lei è morta, abbiamo avvertito quella perdita con una lucidità crudele; come un'operazione chirurgica subita senza anestesia. 

Originale del testo 2

(F. De Sanctis, Un viaggio elettorale. Racconto, in Un viaggio elettorale seguito da discorsi biografici, dl taccuino parlamentare, ecc., a cura di N. Cortese, Torino, Einaudi, 1968, p. 8)

Gli elettori dicevano: perché De Sanctis non viene? perché non scrive? Egli ci disprezza: e permette che il suo nome diventi coperchio di altri nomi e di altri interessi. Ed io dissi: andrò io là, voglio vedere da presso cosa sono questi elettori, e che specie di lavoro vi si è fatto, e se equivoco c'è, voglio io togliere l'equivoco. E per la prima volta ho fatto un viaggio elettorale. Tornai ieri, ancora commosso. Nella mente mi si volgeva tutta una storia pregna di grandi dolori e di grandi gioie, ricca di osservazioni interessanti; avevo imparato più in quei paeselli che in molti libri. E dissi: questo non è più storia mia; è storia di tutti, ci s'impara tante cose. È il mondo studiato dal vero e dal vivo e studiato da uno, che sotto i capelli bianchi serba il core giovine e intatto il senso morale e potente la virtù dell'indignazione. Ecco materia viva di una commedia elettorale. E non ne conosco nessuna ancora. 

Originale del testo 3

(P. Mauri, Bianciardi passione e disperazione, «la Repubblica», 10 novembre 2000) 

Luciano Bianciardi è stato uno scrittore disperato che racconta in primo luogo la propria disperazione, un anarchico cresciuto in provincia che dà l'assalto alla grande città del nord e vorrebbe vederla saltare per aria ... Era inevitabile che la vita minacciasse in qualche modo l'opera. Sette anni fa Pino Corrias gli dedicò un libro-inchiesta, una biografia molto ben documentata, fatta di testimonianze raccolte presso gli amici, i semplici conoscenti, i pochi familiari e i colleghi di lavoro. Un monumento all'incapacità di trovare il passo giusto. Nonostante le occasioni. Era stato, Bianciardi, bibliotecario alla Chelliana di Grosseto. Quando Dante Isella indaga su un codice portiano ivi custodito gli risponde proprio il bibliotecario professor Bianciardi, che poi Isella ringrazierà pubblicamente alla fine della prefazione all'edizione critica delle poesie portiane. Siamo nei primi anni cinquanta. A Grosseto, insieme a Carlo Cassola, Bianciardi esplora il mondo delle miniere, si angoscia per la palese ingiustizia e per lo sfruttamento degli operai. Scrive, con Cassola, un libro, I minatori della Maremma, poi va a Milano dove entra alla Feltrinelli: una Feltrinelli ancora da inventare. Arrivano i "fatti d'Ungheria", il '56. Bianciardi racconta tutto nell'Integrazione, che è del '60: un libro ironico, ma tranquillo, senza le punte del suo capolavoro, La vita agra che è di soli due anni posteriore. 

Originale del testo 4 

(M.T. Serafini, Come si scrive, Milano, Bompiani, 1992, p. 229)

LA PUNTEGGIATURA 

Il principale scopo della punteggiatura è suddividere un testo secondo la sua struttura, facilitandone quindi la lettura e la comprensione. Sull'uso dei segni di interpunzione si dicono talvolta alcune inesattezze; per esempio, non è sempre vero che la punteggiatura riproduca nello scritto le pause e le intonazioni del parlato: l'uso dei diversi segni di punteggiatura è legato a convenzioni che vanno apprese una per una. Inoltre la punteggiatura viene insegnata in modo dogmatico, mentre solo in alcuni casi vi sono regole che obbligano o proibiscono l'uso di un segno di punteggiatura. In molti casi, la decisione di usare un segno di interpunzione è legata allo stile di chi scrive: i segni della

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punteggiatura possono essere usati in più modi, con un peso e un valore diversi. In questo capitolo si passano in rassegna i segni di punteggiatura, prestando attenzione alla loro funzione e alle differenze di uso legate a stili diversi. 

D) Prova a inserire nel secondo dei due testi tratti da Novecento di Alessandro Baricco la punteggiatura mancante. Il punto e i puntini di sospensione sono gli unici segni di interpunzione che non sono stati tolti dal testo originale.

"Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa... e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire... Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi... Eppure c'era sempre uno, uno solo, uno che per primo... la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte... magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni... alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare... e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov'era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava: l'America. Poi rimaneva lì, immobile come se avesse dovuto entrare in una fotografia, con la faccia di uno che l'aveva fatta lui, l'America. […]

Una volta chiesi a Novecento a cosa diavolo pensava mentre suonava e cosa guardava sempre fisso davanti a sé e insomma dove finiva con la testa mentre le mani gli andavano avanti e indietro sui tasti. E lui mi disse oggi son finito in un paese bellissimo le donne avevano i capelli profumati c’era luce dappertutto ed era pieno di tigri. Viaggiava lui.E ogni volta finiva in un posto diverso nel centro di Londra su un treno in mezzo alla campagna su una montagna così alta che la neve ti arrivava alla pancia nella chiesa più grande del mondo a contare le colonne e guardare in faccia i crocefissi. Viaggiava. Era difficile capire cosa mai potesse saperne lui di chiese e di neve e di tigri… e voglio dire non c’era mai sceso da quella nave proprio mai non era una balla era tutto vero. Mai sceso. Eppure era come se le avesse viste tutte quelle cose. Novecento era uno che se tu gli dicevi una volta son stato a Parigi lui ti chiedeva se avevi visto i giardini tal dei tali e se avevi mangiato in quel dato posto sapeva tutto ti diceva quello che a me piace laggiù è aspettare il tramonto andando avanti e indietro sul Pont Neuf e quando passano le chiatte fermarmi e guardarle da sopra e salutare con la mano.Novecento ci sei mai stato a Parigi tu? No. E allora… Cioè… sì. Sì cosa? Parigi.Potevi pensare che era matto. Ma non era così semplice. Quando uno ti racconta con assoluta esattezza che odore c’è in Bertham Street d’estate quando ha appena smesso di piovere non puoi pensare che è matto per la sola stupida ragione che in Bertham Street lui non c’è mai stato. Negli occhi di qualcuno nelle parole di qualcuno lui quell’aria l’aveva respirata davvero. Il mondo magari non l’aveva visto mai. Ma erano ventisette anni che il mondo passava su quella nave ed erano ventisette anni che lui su quella nave lo spiava. E gli rubava l’anima.In questo era un genio niente da dire. Sapeva ascoltare. E sapeva leggere. Non i libri quelli son buoni tutti sapeva leggere la gente. I segni che la gente si porta addosso posti rumori odori la loro terra la loro storia… Tutta scritta addosso. Lui leggeva e con cura infinita catalogava sistemava ordinava… Ogni giorno aggiungeva un piccolo pezzo a quella immensa mappa che stava disegnandosi nella testa immensa la mappa del mondo del mondo intero da un capo all’altro città enormi e angoli di bar lunghi fiumi pozzanghere aerei leoni una mappa meravigliosa. Ci viaggiava sopra da Dio poi mentre le dita gli scivolavano sui tasti accarezzando le curve di un ragtime.

Tratto: A. Baricco, Novecento, di Alessandro Baricco, Feltrinelli

Attività da consegnare

Una sera, nel salone della nave che ti porta in Italia, conosci Novecento, una persona insolita, che ti

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parla della sua vita straordinaria. Immagina al tuo ritorno di scrivere una lettera ad un amico nella quale descrivi la figura di Novecento e racconti brevemente la storia, così strana e affascinante, di quest’uomo. (Min. 300 parole)

Per svolgere questa attività potrete documentarvi su questi siti: http://doc.studenti.it/podcast/novecento-alessandro-baricco.htmlhttp://it.wikipedia.org/wiki/Novecento_(Baricco)http://www.youtube.com/watch?v=Y_as5AiPAIk

IL TESTO NARRATIVO

Raccontare fatti passati

Un testo narrativo è caratterizzato da eventi e dalle loro relazioni temporali. Sono elementi essenziali una storia e un narratore che racconta (in I o in III persona). La struttura generale della storia è:

- situazione iniziale- complicazione- evoluzione della vicenda- conclusione della vicenda

Per riconoscere e per scrivere una buona narrazione che racconta fatti passati è bene prestare particolare attenzione:

- agli indicatori temporali;- alla scelta dei tempi verbali (passato prossimo, imperfetto, trapassato prossimo, passato remoto,

presente storico).

In un testo narrativo si trovano:

- sequenze dinamiche con il passato prossimo (il passato remoto o il trapassato remoto) che esprime azioni puntuali e successe una sola volta e che serve a far procedere l’azione;

- sequenze statiche con l’imperfetto, che oltre ad essere usato per azioni ripetute nel passato, serve a dare le informazioni di sfondo (background) e a descrivere stati d’animo e psicologici. Lo svolgimento del racconto non precede, si ferma per dare spazio a riflessioni e descrizioni.

Leggi il seguente brano.

Buck lo abbiamo incontrato il terzo giorno di quella via crucis

Alle otto e mezza eravamo davanti all’ingresso del canile, era ancora chiuso. Tu guardando tra le grate hai detto: “Come saprò qual è proprio il mio?” C’era una grande ansia nella tua voce. Io ti ho rassicurata, non preoccuparti, ho detto, ricorda come il Piccolo Principe ha addomesticato la volpe. Siamo tornate al canile per tre giorni di seguito. C’erano più di duecento cani là dentro e tu volevi vederli tutti. Ti fermavi davanti ad ogni gabbia. I cani intanto si buttavano tutti contro la rete, abbaiavano, facevano salti con le zampe. Assieme a noi c’era l’addetta del canile. Credendoti una ragazzina come tutte le altre, per invogliarti ti mostrava gli esemplari più belli: “Guarda quel cocker”, ti diceva. Oppure: “Che te ne pare di quel lassie?” Per tutta risposta emettevi una specie di grugnito e procedevi senza ascoltarla. Buck lo abbiamo incontrato il terzo giorno di quella via crucis. Stava in uno dei box del retro, quelli dove venivano alloggiati i cani convalescenti. Quando siamo arrivate davanti alla grata è rimasto seduto al suo posto senza neanche alzare la testa. “Quello”, hai esclamato tu indicandolo con un dito. “Voglio quel cane lì”.

Tratto da: S. Tamaro, Va’ dove ti porta il cuore

Attività.

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Individuate nel brano:1. gli indicatori temporali2. le sequenze dinamiche3. le sequenze statiche (azioni ripetute, informazioni di sfondo, stati d’animo)

ESERCIZI

Leggi ora questo brano tratto dal racconto Donna di Porto Pim di Antonio Tabucchi.

La incontrai una domenica sul porto. Vestiva di bianco, aveva le spalle nude e portava un cappello di trina. Sembrava scesa da un quadro e non da una di quelle navi cariche di persone che fuggivano nelle Americhe. La guardai a lungo e anche lei mi guardò. […] Le detti il buon giorno e le chiesi se potevo esserle utile. Mi indicò la valigia che stava ai suoi piedi. «Portala al Bote», mi disse nella mia lingua. «Il Bote non è un luogo per signore», dissi io. «Io non sono una signora», rispose, «sono la nuova padrona». La domenica seguente scesi di nuovo in città. Il Bote a quei tempi era un locale strano, non era esattamente una locanda per pescatori e io vi ero entrato una sola volta. […] Mi sedetti a un tavolo e ordinai la cena. Verso le nove lei entrò, c’erano altri avventori, mi vide e mi fece un saluto distratto, e poi si sedette a un angolo dove c’era un vecchio signore coi baffi bianchi. Solo allora sentii quanto fosse bella, di una bellezza che mi faceva bruciare le tempie, era questo che mi aveva portato lì, ma fino a quel momento non ero riuscito a capirlo con esattezza. E in quel momento ciò che capivo mi si ordinò dentro con chiarezza e mi dette quasi una vertigine. Passai la sera a fissarla, coi pugni appoggiati alle tempie, e quando uscì la seguii a distanza. Lei camminava leggera, senza voltarsi, come chi non si preoccupa di essere seguito, attraversò la porta della muraglia di Porto Pim e cominciò a discendere la baia. Dall’altra parte del golfo, dove termina il promontorio, isolata fra le rocce, fra un canneto e una palma, c’è una casa di pietra. […] Lei abitava là, allora era una casa bianca con riquadri azzurri su porte e finestre. Entrò e chiuse la porta e la luce si spense. Io mi sedetti su uno scoglio e aspettai.

Tratto da: Antonio Tabucchi (*), Donna di Porto Pim, Sellerio, 1983.

Glossario: trina > merletto; locanda > modesto locale dove si può mangiare e dormire; avventore > frequentatore di un pubblico locale; tempia > parte della testa laterale alla fronte; muraglia > muro imponente e solido; promontorio > sporgenza della terra verso il mare con rilievi più o meno alti; canneto > terreno dove crescono canne in abbondanza.

(*) Antonio Tabucchi è nato a Pisa nel 1943. È considerato una delle voci più rappresentative della letteratura europea. Autore di romanzi, racconti, saggi, testi teatrali. I suoi libri sono tradotti in più di quaranta lingue nel mondo.

Attività

1. Che cosa significano nel testo le seguenti frasi?a. “sembrava scesa da un quadro” b. “le detti il buongiorno” c. “non è un luogo per signore”d. “una bellezza che mi faceva bruciare le tempie”

2. Rispondi alle seguenti domande.a. Dove si incontrarono i due protagonisti della storia?b. Com’era vestita la donna?

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c. Che cosa andava a fare al Bote?d. Che cosa fece il protagonista appena entrato nel locale?e. Quale emozione provò quando lei entrò al Bote?f. Che cosa fece lui quando lei uscì?g. Dove abitava la donna?h. Che cosa fece lei appena entrò in casa?

3. Completa il seguente testo con i tempi giusti (passato remoto, imperfetto, trapassato prossimo):

Quando lui la (incontrare) ………………………… ne (rimanere) ………………………… subito affascinato. (Vestire) ………………………… di bianco e (portare) ………………………… un cappello di trina. (Sembrare) ………………………… il personaggio di una favola o di un quadro, tanto (essere) ………………………… bella! Quando lei (scendere) ………………………… dalla nave, i loro occhi (fissarsi) ………………………… a lungo, poi lui la (salutare) ………………………… e le (chiedere) ………………………… se (potere) ………………………… esserle utile. Lei gli (dire) ………………………… di accompagnarla al Bote, perché (essere) ………………………… la nuova padrona del locale. Lui (andarci) ………………………… solo una volta in vita sua, perché quel locale non gli (piacere) …………………………, ma per rivederla ancora, quella sera (tornarci) ………………………… e (ordinare) ………………………… la cena. Quando lei (arrivare) ………………………… lo (vedere) ………………………… e lo (salutare) ………………………… distrattamente. Lui, affascinato dalla sua bellezza, (passare) ………………………… la sera seduto a fissarla e, quando lei (uscire) …………………………, la (seguire) ………………………… a distanza. Lei (camminare) …………………………leggera e non (voltarsi) ………………………… mai. (Discendere) ………………………… la baia e (arrivare) ………………………… fino all’altra parte del golfo. Lì, isolata tra le rocce, (esserci) ………………………… una casa di pietra. (Essere) ………………………… quella la casa dove lei (abitare) ………………………… . (Entrare) ………………………… e (chiudere) ………………………… la porta. Lui (sedersi) ………………………… su uno scoglio e (aspettare) ………………………… .

Attività da consegnare

4.Immagina una conclusione della storia della donna di Porto Pim. Scrivila in prima persona usando i tempi passati (passato remoto, imperfetto e trapassato prossimo). (Max. 400 parole)

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IL TESTO ESPOSITIVO – INTERPRETATIVO: LA RECENSIONE

La recensione è un tipo di testo che ha lo scopo di informare e incuriosire il lettore e insieme di valutare criticamente un libro appena uscito.

Schema

INTRODUZIONE Che genere di testo è? Racconto, romanzo … Chi è l’autore? Quando è stato scritto il testo? In quali circostanze storiche? In quale quadro culturale si può collocare?

TRAMA, CONTENUTI Di che cosa tratta in generale? Quali sono i contenuti principali? (Vicenda, ambiente, personaggi, protagonista …)

STILE Che caratteristiche formali ha? Che ritmo ha, che andamento? Che varietà di lingua vengono

usate nelle parti dialogiche e narrative?

INTERTESTUALITÀ Puoi metterlo relazione con altri testi dello stesso autore o di altri?

VALUTAZIONI Il testo è in rapporto con particolari problemi della realtà e con la situazione storica? Come lo valuti? (sia nella forma che nei contenuti)

Leggi ora questa recensione del libro Io non ho paura di Niccolò Ammaniti, pubblicato nel 2001. Si ricorda che del film esiste una fortunata trasposizione cinematografica del 2003 del regista Gabriele Salvatores. Analizza la struttura del testo in base allo schema che trovi sopra.

IL LIBRO DELLA SETTIMANA

Io non ho pauraNiccolò Ammaniti

"E tutto si è fermato.Una fata aveva addormentato Acqua Traverse. I giorni seguivano uno dopo l'altro, bollenti, uguali e

senza fine."

Finalmente una storia originale, diversa, nuova. Un nuovo romanzo per un autore già ben conosciuto dal pubblico dei lettori italiani: il suo precedente lavoro, Ti prendo e ti porto via, ha raccolto molti consensi, anche da parte di critici illustri (in questi giorni ancora Sergio Pent su La Stampa lo ha definito "uno dei romanzi più completi e ben strutturati delle ultime stagioni"). Qui Ammaniti si confronta con una storia difficile, vista attraverso gli occhi di un bambino. Siamo nella campagna italiana del Sud, in un piccolissimo paese collocato in un'area geografica indefinita, Acqua Traverse, frazione di Lucignano, composto da una manciata di case (proprio "quattro case in tutto", se si esclude un grande casale dell'Ottocento), senza una piazza, senza altre strade se non lo stradone centrale. Quattro case tra i campi di grano. È il 1978, è estate e

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fa molto caldo. I ragazzini sono a casa: la scuola è chiusa per le vacanze estive. È una piccola banda di bambini quella che scorrazza nelle campagne di Acqua Traverse, retta dai difficili equilibri di forza tra i più grandi e i più piccoli. Sono bambini e bambine (queste in minoranza) di età molto varia: dai 5 ai 12 anni. Michele è uno di questi ed è la voce narrante che ci racconta questa storia lontana, del tempo in cui aveva nove anni (una storia della fine degli anni Settanta con tanti elementi che la connotano). Un padre camionista che vuole cambiare vita, una madre casalinga molto bella e corteggiata, una sorellina, Maria, la più piccola del gruppo, che Michele deve quasi sempre trascinarsi appresso. Tra i tanti giochi organizzati insieme, anche le lunghe pedalate nella campagna, alla ricerca di emozioni, come giovani esploratori in terra d'Africa. Una di queste "escursioni" porta Michele all'interno di una casa abbandonata e diroccata che la "banda" non aveva mai visto, lontana dal paese, dietro una collina. All'interno di questo edificio pericolante avverrà l'incontro con un personaggio determinante della storia, un coetaneo che... Non è possibile svelare di più di una trama incalzante, in alcuni momenti quasi travolgente. Ammaniti ha descritto un momento non lontano, ma quasi senza tempo, con la capacità di farci rivivere colori, luci e sensazioni comuni: quelli dell'infanzia, delle estati con gli amici, dei giochi in compagnia, dei litigi, dei rapporti con i genitori. La normalità vista con gli occhi di un bambino. Ma all'interno di questo quadro, ha saputo inserire l'eccezionalità, l'evento. Michele vive alcune(poche) giornate che lo trasformano, che ne fanno quasi un adulto, rendendolo autonomo, dandogli la forza e il coraggio di decidere, svincolandolo traumaticamente dal legame affettivo (basato sulla fiducia e sul rispetto oltre che sull'amore) con i genitori.  Michele al termine della storia "non ha più paura" di affrontare il pericolo. Ha uno scopo, quello di difendere un amico. È diventato per lui un "angelo custode" e deve impersonificare questa figura sino in fondo, portando a termine il suo compito. Se gli adulti hanno sbagliato (nel goffo tentativo di realizzare il sogno comune di raggiungere il benessere e trasferirsi al Nord) innescando un dramma che potrebbe finire in tragedia, potrà forse lui rimediare. E lo farà, in un finale probabilmente un po' troppo "cinematografico", ma di sicuro impatto emotivo. Difficile dire di più di una vicenda che non può essere raccontata per non compromettere il piacere della lettura, che è anche piacere del ricordo di un'infanzia e di un'ingenuità perdute per sempre.

Tratto da: http://www.wuz.it/archivio/cafeletterario.it/196/cafelib.htm

ESERCIZI

1. Sottolinea nel testo le parti in cui il recensore valuta il libro. Poi sintetizza con parole tue come lo valuta.

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2. Scrivi la recensione di un libro che hai letto e che ti ha particolarmente colpito. Attività da consegnare. (Min. 300 parole)

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COME SCRIVERE UNA RECENSIONE

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, scrivere una recensione non è affatto facile. Scarseggiano i manuali specifici che spieghino come redigerla. Cercheremo perciò di costruirci una cassetta degli attrezzi appropriata, prendendo spunto qua e là da testi vari.Partendo dall'etimologia del verbo "recensire", che deriva dal latino e significa "esaminare", si potrebbe definire la recensione come "l'analisi di un'opera con annesso giudizio sul suo valore estetico e comunicativo"1. Il recensore si pone tra l'autore e il lettore e il suo scopo è invitare alla lettura di un libro e confezionarne una "pre-lettura". Il giudizio critico espresso dal recensore si basa sulla sua "enciclopedia", ossia sul suo patrimonio di conoscenze e orientamenti critici e ideologici. La recensione è dunque un testo interpretativo-valutativo, la cui struttura consta di tre elementi fondamentali:a) una parte a carattere informativo, con notizie sull'autore, titolo del libro, casa editrice, anno di pubblicazione, eventualmente il prezzo di copertina;

b) una parte a carattere interpretativo, dove si specifica il genere letterario cui appartiene l'opera (romanzo, poesia, racconto ecc.). In caso di opera di tipo narrativo, si accennerà alla trama, ai temi e ai motivi affrontati dall'opera, alle soluzioni di linguaggio e di stile, adottate dall'autore.  Per argomentare le proprie tesi l'estensore della recensione potrà riportare citazioni dirette dall'opera esaminata;

c) infine una parte a carattere valutativo, che consiste nel giudizio sul valore estetico e comunicativo del libro recensito.

Si possono scrivere anche recensioni negative su un'opera, dove il recensore "demolisce" il libro oggetto del suo esame e ne sconsiglia la lettura. In tal caso si parla più propriamente di stroncatura.

La recensione dovrebbe essere un testo breve, che si prefigge di informare, spiegare e valutare. Il recensore accorto, nel proprio lavoro, si servirà di alcune tecniche nella redazione del suo testo:a) lettura selettiva: il recensore selezionerà di un'opera i passi che egli ritiene significativi;b) uso di relazioni intertestuali: l'estensore farà riferimento ad altri testi conosciuti dal pubblico dei lettori;c) uso di strutture lessicali e sintattiche particolari: chi scrive la recensione ricercherà un giusto equilibrio fra linguaggio tecnico ed esigenze di leggibilità.

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Per un testo che non sia necessariamente di narrativa, un interessante griglia da seguire per scrivere una recensione completa è quella fornita da Dario Corno in  Scrivere e comunicare. Teoria e pratica della scrittura in lingua italiana (Paravia Bruno Mondadori Editori, 2002). Le aree su cui focalizzare l'attenzione e le domande-guida che l'autore ci propone per orientarci nella stesura della nostra recensione sono:

Titolo e dati bibliografici: 

Qual è il titolo del libro? Chi l'ha pubblicato e quando?

1 Non solo tema. Guida alle nuove prove scritte di italiano per la maturità di Melfino Materazzi e Giovanni Presutti (Loescher, 1999), cap. 6.

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Chi è il traduttore?

Autore (eventuali notizie):

Chi è l'autore?

Genere:

È un saggio, una raccolta, un manuale, un testo scolastico? È un testo di critica, espositivo ecc.? Qual è la materia generale (letteratura, storia, scienze ecc.)?

Argomento generale dell'opera:

Qual è l'argomento del saggio o della raccolta? Si può sintetizzare?

Sintesi dei singoli saggi o capitoli:

Qual è l'argomento dei singoli capitoli del saggio? Qual è l'argomento dei singoli saggi raccolti nel libro? Quali collegamenti si riconoscono fra i capitoli? Ci sono collegamenti tra i saggi?

Inquadramento cronologico:

Entro quali limiti temporali si colloca l'analisi dell'autore?

Tesi dell'autore:

Quali tesi generale sostiene l'autore?

Metodi:

Qual è il metodo d'analisi utilizzato dall'autore? (Prevale l'analisi o la sintesi? È prevalentemente descrittivo? È problematico? Quale criterio di esposizione adotta ecc.?)

Stile:

Quali sono le caratteristiche di stile dell'autore?

Critiche:

Com'è il libro da leggere (facile, difficile, breve, lungo, divertente, noioso, appassionante, lento ecc.)? Vi ha interessato? Avete imparato qualcosa di nuovo? Condividete o meno le idee dell'autore? C'è qualcosa di speciale in questo libro? Lo consigliereste a qualcuno?

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